Chissà se c’è posto nella scuola del “merito” per l’entità “errore”.
Mi ha sollecitato a riflettere sull’argomento una trasmissione TV a cui partecipava con i suoi studenti di terza media il professor Enrico Castelli Gattinara, autore del libro “Il bello di sbagliare: come vincere l’ansia di commettere errori”.
Si discuteva della visione pedagogica dell’errore in una scuola oggi basata sul concetto di merito tanto che la parola è stata aggiunta alla denominazione stessa del Ministero che è diventato così “dell’Istruzione e del merito”.
Temo che la scuola del merito esalti la riuscita scolastica, spingendo alla conseguente competizione tra coetanei per il raggiungimento di eccellenti risultati finali misconoscendo allo stesso tempo il peso formativo dell’errore nei percorsi educativi.
Nell’ambito della scienza del Novecento l’errore è un valore riconosciuto e non appare più come una presenza fuorviante bensì come un percorso rigoroso basato sul controllo dei percorsi di apprendimento.
Gli errori si incontrano in ogni processo di ricerca e conoscenza: sono utili purché riconosciuti e corretti gradualmente nel tempo e soggetti a un ferreo iter valutativo. Avviene spesso che sia lo stesso errore ad indurre successive scoperte scientifiche.
Anche a scuola dunque è lecito commettere errori, “errare” cioè “vagare”, come ci spiega l’etimologia garantendo che non si erri a vuoto e che l’accettazione dell’errore sia correttamente guidata dai docenti.
La resistenza alla valorizzazione dell’errore perdura nonostante l’Italia abbia avuto la fortuna di essere rappresentata nel mondo dalla pedagogista e medico Maria Montessori, che sul ricorso allo strumento errore scientificamente inteso ha costruito la sua rivoluzione didattica. Era certa che solo agendo, sperimentando, seguendo vie alternative e procedendo per tentativi ed errori si sarebbero acquisite delle vere conoscenze.
Alla nostra scuola servirebbe attuare un’inversione nella pratica didattica, applicare metodi ampiamente accolti in tutto il mondo dalle avanguardie pedagogiche del Novecento che hanno scelto una scuola attiva dove si apprende con metodologie accattivanti.
A giudizio di molti insegnanti innovatori si possono superare gli step più difficili del programma scolastico in un clima aperto alla ricerca e allo studio e privo di rigidità valutative come è emerso dai ragazzi intervistati sul tema: diversi tra loro hanno raccontato di stati d’ansia da prestazione a cui si aggiunge il timore di deludere le aspettative della famiglia.
Un altro docente scrittore, Marco Lodoli, ha approfondito l’argomento in un libro intitolato “Il rosso e il blu: cuori ed errori nella scuola italiana”.
Ma non dimentichiamo Gianni Rodari, scrittore per l’infanzia, che cinquant’anni fa scrisse un libro di racconti e filastrocche interamente dedicato agli errori, sostenendo nella prefazione che “Gli errori sono necessari, utili come il pane e spesso anche belli: per esempio, la torre di Pisa”.
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