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Politica

IL RAMMENDO

ROBERTO CECCHI - 26/09/2024

Meloni e Fitto

Meloni e Fitto

Ma insomma, prima o poi, si riuscirà a capire se la “soluzione Raffaele Fitto” per Bruxelles è un qualcosa di buono per il Paese, oppure è un niente di fatto? Chi ha vinto e chi ha perso in questo braccio di ferro durato un bel po’? È ancora presto per dirlo, intanto perché il neo-designato vicepresidente esecutivo della Commissione Europea, prima di calarsi nella funzione, dovrà sottoporsi ad un vero e proprio esame dell’Europarlamento, con tanto di prova scritta e orale e lo svolgimento dei compiti sarà valutato rigorosamente, a maggioranza, dei componenti. Non è scontato che tutto fili liscio, non è un passaggio formale. Un paio di decenni fa, nel 2004, Rocco Buttiglione fu bocciato all’esame di commissario UE per gli Affari Interni. E non rimase un caso isolato, perché la medesima sorte toccò ad altri, come alla lettone Ingrida Udre, alla bulgara Rumiana Jeleva e alla slovena Alenka Bratusek. Dovettero disfare le valige che avevano preparato e tornare a casa. Purtroppo, poi, rientrato in Italia, come ricompensa (pare) per la mancata ratifica della nomina, il Nostro fu fatto ministro dei Beni culturali. Che dire?

Dunque, ammesso e non concesso che sia promosso, la designazione di Fitto è sicuramente un punto a favore di chi l’ha proposto, perché l’esito non era affatto scontato. Dopotutto, fa parte della coalizione che ha perso le elezioni e, per di più, al momento del voto la nostra presidente del Consiglio non si è espressa a favore della nomina di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Europea. Ha votato contro. Dunque, davvero, come molti sostengono, avremmo dovuto aspettarci molto di più dal nuovo governo europeo? Davvero, qualcuno pensava (e pensa) che avrebbero steso tappeti al nostro passaggio, riservandoci le deleghe migliori? È vero che la funzione di vice presidente vale quel che vale, come valgono generalmente i ‘vice’, ma in questo caso, per come si è arrivati a questa nomina, francamente si tratta del massimo che si poteva sperare.

Segnale eloquente che il rapporto di buon vicinato maturato, prima delle lezioni, tra la nostra presidente del consiglio e la presidente della Commissione europea, ha retto bene. Con vantaggi evidenti per entrambe. Ursula von der Leyen, con una mossa studiata fino allo sfinimento e superare lo scontento della sua stessa maggioranza, di Socialisti, Liberali e Verdi che non ne volevano sapere, è riuscita a separare la destra conservatrice dall’estremismo sovranista, mettendosi accanto un’ex-oppositrice ostinata, che ha dimostrato di saper fare opposizione e per questo, può essere un atout formidabile per far da scudo a personaggi dello stampo di Viktor Orban e alle nostalgie putiniane. Mentre la premier Meloni, in questo modo, chiude definitivamente, nei fatti, la stagione dell’euro-scetticismo che l’aveva caratterizzata e entra a pieno titolo in Europa, confermando, sempre nei fatti, di voler rimanere pienamente nell’alleanza atlantica.

Un modo per aprirsi spazi al centro e cercare la conferma dell’exploit che l’ha condotta da un misero 4,4% del 2018 a quasi il 30 del 2022. Magari, coll’ambizione di riuscire a crescere ancora, attingendo a quel vero e proprio pozzo senza fondo che è il non voto di quasi la metà degli italiani, che ha deciso da tempo di rimanere a casa. Insomma, tutte brutte notizie per certi compagni di viaggio del governo nazionale, che han fatto e continuano a fare dell’opposizione all’Europa un loro cavallo di battaglia, come dimostra “la coincidenza tra l’annuncio della nuova Commissione e la conferenza stampa dei «Patrioti europei» anti-UE a difesa di Matteo Salvini imputato” nel processo Open Arms. In futuro, probabilmente, non lo potranno più fare in maniera così smaccata, se vorranno tenere insieme un governo che traballa da tutte le parti.

In buona sostanza, questa vicenda mette in luce un quadro politico in movimento. Con la premier costretta ad un lavoro di rammendo diuturno, per mettere pezze in qua e in là. Come nel caso, l’ultimo, del ministro per la protezione civile e per le politiche del mare, Musumeci che, mentre siamo nel bel mezzo dell’ennesimo disastro alluvionale in Emilia Romagna, se n’esce con l’idea balzana di far fronte agli eventi calamitosi con le assicurazioni, invece di chiedersi come fare prevenzione. Una proposta strampalata che riesce a scontentare un po’ tutti, compreso metà del suo governo. Se continua così, non basterà la scaltra strategia europea per tenere insieme i pezzi. Sarà buio…fitto.

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