Racconto del titolare d’un caffè nel centro di Varese, reduce da una vacanza ad Alicante: sono rimasto meravigliato di ordine, sicurezza, decoro, frequenza dei controlli polizieschi lungo le strade, garbata cura nel prevenire laddove si scorgono possibili guai. Nessun fastidio coercitivo, e invece senso di rilassante protezione. Hai la certezza di trovarti in un luogo sorvegliato, dissuasivo verso la criminalità, incentivante per il turista, di conforto al residente. Un occhio ispettivo che non disturba la libertà personale, semmai vi dà luce scacciando molte ombre.
Non il paradiso sulla terra: anche nella Spagna rivierasca da cartolina ogni tanto capita quel che non dovrebbe. Ma ogni tanto. Non sovente. Perciò la domanda: perché a Varese, città che dichiara ambizioni di accoglienza, ricettività, tutela di chi vi abita e di chi viene a conoscere il tanto di bello che siamo in grado di proporgli, non si segue un analogo modello?
Risposta imbarazzata. E non d’ispirazione politica. Cioè estranea a qualsiasi ideologizzazione, tipo: la sinistra non sa fare quanto la destra farebbe. No, la destra non ha fatto quanto la sinistra è riluttante a fare. Questo racconta la storia degli ultimi anni: nessuno s’è intestato, a cominciare dal leghismo arrembante, il law and order in chiave locale/modesta. Che s’inizia laddove le brutture piccole, l’indifferenza all’osservanza dei fondamentali del vivere civile, il rassegnarsi all’esproprio della dignità urbana di base hanno la meglio su ogni buon proposito.
Qui ci sarebbe voluta, molti anni fa, una svolta. Qui ci vorrebbe oggi. La svolta infatti non c’è stata. Più d’uno, nel corso delle legislature, ha ipotizzato la rivoluzione svizzera, manifestando l’intento di copiare quella cifra urbana/organizzativa che qualifica i nostri confinanti. Sono propositi rimasti sulla carta. Ed è un peccato che non diventino realtà nel periodo in cui Varese sta riprogettandosi, ha creduto nelle grandi opere, consolida un mercato del turismo (culturale-sportivo, binomio raro a trovarsi) assolutamente premiante. Ecco, apprezzato tale impegno, a cosa è imputabile il persistente deficit di salvaguardia dei cittadini dalle insidie d’una disagevole quotidianità, rappresentata da bivacchi di sfaccendati; deficitaria pulizia dei luoghi di maggior passaggio/richiamo; disarmonia d’arredi pubblici dei quali s’era promessa l’uniformità (non esiste alcuna consonanza fra le architetture dei dehors di bar e ristoranti, per esempio); incuria verde d’un capoluogo di provincia nato e noto come Città giardino?
Sarebbe l’ora di ricevere una risposta. E soprattutto utile che alle parole si sostituissero i fatti. Piccoli fatti, in fondo. Varese -dismessa l’idea della fotocopia elvetica- non sarà mai una location di marchio iberico-marinaro, ma può seguirne l’onda. Dunque Alicante no. Adelante con juicio sì. Non si chiede la luna, solo di restare coi piedi per terra. Rispettando, anche nella banale routine urbana, il copyright del fascino paesaggistico di cui la natura ci ha omaggiato.
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