Ci troviamo di fronte al più grande problema che l’umanità abbia mai affrontato: l’erosione e il possibile collasso dei nostri sistemi di supporto alla vita. Nella fase attuale, il pericolo nucleare, il cambiamento climatico e la distribuzione ineguale di ricchezza e reddito, offrirebbero progetti per una partnership tra i potenti del mondo, che tutto il resto dell’umanità non potrebbe che condividere. Ma l’opinione pubblica viene distratta dall’obbiettivo centrale in questa fase: il diritto della pace da cui prendono vigore tutti gli altri diritti.
Intanto… altro che disarmo nucleare! Ora più che mai nel mondo aumenta il numero delle testate dispiegate. Complici i molti fronti di guerra attivati negli ultimi anni (in aggiunta a quelli da tempo aperti e non di rado dimenticati), primi tra tutti quello russo-ucraino e quello ancor più recente di Gaza. Perché, anche se il numero totale delle testate continua di anno in anno a decrescere, quelle pronte all’uso sono invece in sensibile crescita.
L’allarmante analisi è contenuta nel rapporto 2024 dello Stockholm international peace research institute (Sipri) dedicato ad armi, disarmo e sicurezza internazionale, pubblicato lo scorso 17 giugno. L’inventario globale traccia 12.121 testate. Di queste, circa 9.600 sono classificate alla voce «scorte militari» per un potenziale utilizzo. Ma il dato più rilevate sembra essere quello che vede oltre 3900 di esse come schierate – ovvero puntate e pronte all’utilizzo immediato – con missili o aerei: circa 100 in più rispetto ai dati rilevati dallo stesso rapporto soltanto un anno prima.
Secondo Wilfred Wan, direttore del programma sulle armi di distruzione di massa del Sipri. «È difficile credere che siano passati appena due anni da quando i leader dei cinque maggiori stati dotati di armi nucleari hanno riaffermato congiuntamente che «una guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta».
Perfino l’atomica non assume più categoricamente quel significato di deterrenza che aveva allontanato l’immagine della catastrofe per tutta la guerra fredda e dopo gli eventi terribili di Hiroshima e Nagasaki. Al contrario, il segno della fase in corso è purtroppo quello del conflitto armato e senza sbocco: chi è contro la guerra – cui la crisi climatica fa da contorno – viene giudicato come un antagonista, a prescindere da come sappia inquadrare, comunicare e rendere credibili i propri appelli.
Viene così sfuocata insistentemente l’immagine della catastrofe che – una volta precisata – dovremmo cercare con più forza di evitare, in vista della definitiva perdita del nostro pianeta.
ICAN, International campaign to abolish nuclear weapons, (v. https://www.icanw.org/ ), ha lanciato una settimana di mobilitazioni contro la spesa per le armi nucleari dal 16 al 22 Settembre: una spesa che nel 2023 è salita a 91,4 miliardi di dollari. In Italia – Paese che ospita una parte dell’arsenale degli Stati Uniti- aderiscono anche la Rete Pace e Disarmo e la campagna Senzatomica .Alla coalizione di stati di ICAN purtroppo non aderisce l’Italia, stretta dal patto Nato e ospitante gli ordigni nucleari a Ghedi ed Aviano.
La quarta settimana di settembre potrà essere l’occasione per organizzare momenti di confronto e webinar in collaborazione con Ican stessa, pubblicare materiale di approfondimento e rilanciare i dati della campagna internazionale, focalizzandosi sul nostro Paese. E la provincia di Varese ha sensibilità e le forze per portare un messaggio di disarmo -atomico in particolare- tra la sua gente.
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