Volavano in maniera avventurosa, con velivoli dalla tecnologia precaria sui quali forse nessuno oggi avrebbe l’ardire di salire: ma anche per questo motivo possiamo parlare di una pagina storica, consegnata fino al terzo millennio. È un salto a ritroso nel tempo di 100 anni, quando il volo era ancora tutto da scoprire e quando distanze che oggi fanno ridere imponevano vere e proprie sfide per coprirle. O quando i minuti sembravano così lunghi da apparire eterni.
Ecco allora un racconto di coraggio e curiosità, avendo sullo sfondo il desiderio di conquistare il cielo. Parliamo del primo concorso nazionale di volo senza motore, che si tenne ad Asiago sul Monte Sisemol nell’ottobre 1924, dal 6 al 24: rappresenta il via dell’attività volovelistica in Italia e per commemorare l’evento si terranno celebrazioni ufficiali in questo 2024. Un modo, dal presente, per guardare al passato. E una buona occasione per rammentare quei tempi.
Quanto accadde un secolo fa rimane qualcosa di unico e sensazionale, in rapporto ai mezzi dell’epoca. Il merito di “Asiago 1924” è soprattutto di un gruppo di universitari-goliardi pavesi: ebbero l’ardire di confrontarsi con chi, oltralpe, era già esperto della nuova disciplina del volo. Parliamo dei tedeschi, “guest star” della manifestazione, alla fine trionfatori e in grado di spiegarci che se l’Italia aveva avuto Leonardo da Vinci, non era stato un italiano a imitare, per primo, il volo degli uccelli.
Di volo a vela in Italia s’era sentito parlare attraverso i giornali che acclamavano le imprese dei tedeschi prima e dei francesi dopo. E questo fin dagli inizi del secolo. Soltanto nella primavera del 1924 la Lega Aerea Nazionale, in collaborazione con la Gazzetta dello Sport, annunciò il primo concorso nazionale di volo senza motore. Venne bandito un concorso a premi per coloro che avessero segnalato una località adatta. Molti si fecero avanti, ma l’unico luogo che rimase in lizza fu il Monte Sisemol di Asiago. Il terreno non era del tutto ideale – c’erano ancora i segni dei combattimenti della Prima Guerra Mondiale, comprese le granate –, ma le condizioni anemometriche parevano perfette, soprattutto ad agosto e a settembre. Fu scelto agosto, però il tempo non fece giudizio e si rinviò fino ad ottobre.
Ci furono contrattempi al limite del ridicolo, un’organizzazione carente, logistica rivedibile, interventi a gamba tesa della questura. Ma il 6 ottobre il “contest” prese finalmente il via: 24 alianti iscritti, 12 italiani, 1 svizzero e 11 tedeschi.
Le gare erano di altezza, distanza, durata e precisione d’atterraggio: non era prevista una classifica generale. A ogni ammesso venivano corrisposte 500 lire di indennizzo, mentre premi di 5000 lire erano in palio per i vincitori di ogni categoria se avessero raggiunto il livello minimo di prestazione indicato. I voli erano tanto rudimentali – i velivoli, soprattutto in tubolari e tela, erano degli aggeggi improbabili, alcuni di questi avevano poi, come carrello, “ruotone” da bicicletta – che solo il tedesco Arthur Martens incassò il riconoscimento: lo ottenne per la prova di distanza, dato che aveva completato 4325 metri con dislivello di 200 metri tra partenza e arrivo: superò di poco Fritz Papenmeyer (4150 metri percorsi).
Ci furono anche drammi sfiorati. Il 19 ottobre Franco Segré ebbe problemi agli elastici del sistema di lancio. La corda si spezzò, l’aliante partì in anticipo, rotolando sul pendio inclinato, trascinato dagli uomini che reggevano gli elastici. Il pilota lo sostenne su una buca ed ebbe il fegato di farlo tuffare nello strapiombo e di richiamarlo lentamente. Scoprì che… volava!. Ma in atterraggio passò tra due filari di filo spinato: il secondo lo prese con la prua, ma lui non ebbe danni. Riuscì a portare al suolo l’aliante: aveva volato per 60 secondi e 600 metri, a pensarci scappa da ridere. «Ma quello valeva il primato italiano di durata e distanza e fu la prova che potevamo competere», commenta Pedrielli.
Segré avrebbe migliorato il suo record a dicembre dal Monte Mazze, ma al concorso di Asiago non si piazzò ai primi posti, a differenza di Ettore Cattaneo che si impose nella gara di altezza arrivando “ben” a 8 metri e 50, precedendo Arthur Mertens che si fermò a 3. Mertens fu in compenso il mattatore della rassegna assieme al connazionale Fritz Papenmeyer.
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