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Attualità

UNO DI NOI

LUISA NEGRI - 20/09/2024

Mike Bongiorno con Marianini a “Lascia o raddoppia”

Mike Bongiorno con Marianini a “Lascia o raddoppia”

Il primo incontro con Mike fu in un bar di Bosto, castellanza di Varese. Era il 1956. Avevo sei anni e accompagnavo papà a vedere una delle prime puntate di Lascia o Raddoppia. Dico accompagnavo perché papà al bar di sera non ci andava mai. Impossibile stare con lui quella volta, per la mamma, che aveva gli altri tre figli da accudire. La scelta era caduta su di me. Ma posso immaginare anche che mi fossi offerta io, curiosa come lui di fronte a ogni novità. Ricordo che fui presente con papà anche all’inaugurazione del primo supermercato di Varese, la Standa di piazza Monte Grappa, in mezzo a una gran folla a naso in su. Era inverno e il cielo già buio. Avevo undici anni, un baschetto giallo in testa. Mi pareva, un po’ ingenuamente, fosse un altro passo in avanti verso la modernità. Sempre io accompagnai papà per il giro di ‘battesimo’ con la nostra prima auto, una Cortina bianca della Ford, che tenemmo poi negli anni fino allo sfinimento. Sento ancora l’odore dei sedili nuovi, il suono del clacson e quel rumore cocciuto e insistito della freccia direzionale, e il vento in faccia di primavera che entrava dal finestrino appena un po’ abbassato.

Per mano a papà, con la protezione solidale della mamma, assaporavo, senza ancora saperlo, le novità della storia.

Quella sera al bar con Mike incontrammo per la prima volta la televisione, e insieme un nuovo mondo- l’America insomma- simile a quello cercato e varcato dai nostri antenati. La scatola magica ci avrebbe mostrato, da lì in avanti, ogni possibile immagine della storia dei ‘favolosi anni Sessanta’. Già allora, nel bene e nel male dei filmati che scorrevano, favolosi anni lo furono comunque, per un fondamentale motivo: giovani uomini e donne, sopravvissuti a una guerra devastante e avviati a una nuova vita d’amore, marciavano insieme verso il futuro.

Anche Mike era tra quelli. Era uno di loro. Uno di noi. Figlio di un importante avvocato americano e di una torinese di buona famiglia, nato a New York nel 1924, poi cresciuto a Torino da una zia, aveva già fatto il suo importante ingresso nella vita da giovanissimo partigiano. Era il ’43. Scoperto e trascinato davanti a un plotone d’esecuzione, al quale scampò grazie al passaporto USA, fu prigioniero a San Vittore, poi a Bolzano e infine destinato a campi di concentramento in Austria, dove aveva avuto la volontà di resistere.

Non lo sapevamo ancora di quel coraggio, ma ce lo avrebbero poi raccontato gli altri. I più informati conoscevano anche i suoi studi di giurisprudenza, i trascorsi di giornalista, di attore e persino di protagonista dei fotoromanzi.

Da subito certo fu -lo compresero anche le nonne di Sicilia, dove pescavano le sue radici paterne – che Mike “era” la televisione. Se ne accorsero alla Rai.

Fu quella, e lo sarebbe stata per sempre, la sua culla e la sua vita. Ma anche il palco, e persino la cattedra, utile, quanto la vera cattedra del Maestro Manzi, a insegnare la lingua a un paese cresciuto a pane, latte e dialetto.

Il suo ritratto di ragazzo americano sorridente, occhi celesti dietro gli occhiali e sorriso bianco smagliante da chewing-gum, ciuffo biondo ben pettinato, era il perfetto ritratto del giovane e brillante yankee. Che, come si sarebbe detto poi, bucava lo schermo. E si fregiò nel tempo di essere il re dei quiz, anche sulle reti Mediaset dopo l’addio alla tv pubblica. Amato dai colleghi-rivali Corrado, Tortora, Baudo.

Sarebbe stato lui il perno di uno stupefacente ingranaggio da palcoscenico, sospeso tra teatro e varietà, attualità e informazione spicciola, costume e cinema. E tanto altro ancora. Venne negli anni, dopo Lascia o Raddoppia, anche il Rischiatutto. E lui trascinava chiunque alla ribalta. Come il sofisticato e ironico Gianluigi Marianini, un magister elegantiarum anticipatore di un certo tipo di ospite, ancora oggi di moda, in bilico tra spettacolo, lieve pettegolezzo e cultura, e un ironico bon ton. O la bionda Edy Campagnoli, nota per essere anche la moglie dell’ottimo portiere Lorenzo Buffon. Quella sera, osservando la sigla animata d’apertura, il grande orologio con le lancette e le cabine dei concorrenti, bevetti tutta la folata di novità che arrivava in ogni bar o casa italiana già attrezzata allo scopo. Quasi avamposto di un nuovo, pacifico battaglione di compatrioti composti e estasiati nel chiarore di quella nuova luce da piccolo schermo. Che al grande schermo fece una spietata concorrenza.

 La scatola magica, arrivata dopo un annetto anche in casa mia, collocata in soggiorno sul cassettone, mi introdusse nel mondo animato della ”Tv dei ragazzi” con il cane Rin Tin Tin, Topo Gigio, e il ‘pedante’, imperdibile ‘postino’, il Picchio Cannocchiale. Al quale non mandai mai alcuna letterina o disegno, convinta che mai avrebbe risposto proprio a me.

Bongiorno fu presente in terra varesina: veniva su richiesta dell’Ente Provinciale per il Turismo, diretto da Manlio Raffo, a presentare importanti eventi locali di fama internazionale. Come Le Settimane del cinema e le Noci d’oro: manifestazioni dedicate alle grandi star, tra cui Gina Lollobrigida, Giulietta Masina e Virna Lisi, premiate nelle panoramiche località della nostra provincia. Vivendo a Milano, per Mike era facile arrivare. E lo faceva con piacere.

Avrebbe vissuto poi molti anni, con la giovane moglie Daniela e i tre figli, nella villa di vacanza a Dagnente, la residenza estiva sul Lago Maggiore.

Continuai ad apprezzarlo ai tempi di Rischiatutto, frequentavo ormai l’università, ma continuavo a seguire le sue trasmissioni. Non nascondo che qualche serata di Mike e Sabina – l’assistente sbarazzina con studi in filosofia- con il campionissimo Massimo Inardi e la famosa ‘signora Longari’ mi aiutò a rasserenare momenti di dolore, soprattutto per un grave lutto familiare che spezzò l’incanto di infanzia e giovinezza. L’ “Allegria!” di Mike -il  saluto beneaugurante di chi amava la vita- contribuiva almeno un po’ a distrarre la mente e a guardare avanti, con determinazione, come anche lui aveva fatto nei momenti difficili della sua vita.

Se oggi Mike fosse ancora qui avrebbe cento anni, compiuti il 26 maggio. Per questo la famiglia lo ha voluto ricordare in una grande mostra milanese a Palazzo Reale, curata dalla moglie Daniela e dai tre figli Michele, Nicolò e Leonardo. Titolo: “Mike Bongiorno 1924-2024”.

Per l’occasione hanno pensato di raccontare insieme la sua vita attraverso oggetti, archivi, foto, filmati, ricostruzioni immersive e tanto altro dei luoghi di lavoro e di tutto il suo mondo.

È un bel momento, di gioia e memoria, di un uomo e di una famiglia cui gli italiani continuano a volere bene. Andremo in tanti a cercarlo nella sua città.

Ai piedi della ‘Madunina’ d’oro, sopravvissuta come Mike alle tempeste di ogni tempo.

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