Il primo passo per iniziare a lavorare è mettere da parte la puzza sotto al naso, buttarsi nella mischia e cominciare. L’inizio è quasi sempre un salto nel buio, nel senso che a una forte volontà non corrisponde quasi mai la felicità di una conquista, ma la volontà fa la differenza.
Di solito prima di arrivare al perimetro delle certezze bisogna navigare dove capita, l’obiettivo importante resta sempre un pochino in disparte, si fa desiderare, si fa attendere, non si concede subito, predilige una bella ricerca, una bella riflessione, una maturazione, la capacità di mettersi in discussione, di confrontarsi, di capire se quello che si sta facendo potrebbe diventare il leit motiv della nostra esistenza presente e futura.
Non tutti i caratteri sono uguali, ogni persona ha caratteristiche fisiche, morali, sociali, culturali molto personali, salvo dover cominciare a pensare che la comunità abbia bisogno del contributo di tutti e che tutti diventiamo indispensabili. La comunità non è mai un “piccolo”, è una bella realtà grande e come tale va capita, seguita, perché ogni sua parte possa entrare in armonia con l’altra, in modo tale che il tutto diventi la sua vera forza.
Dunque come membri di una comunità siamo tutti indispensabili. Essere indispensabili significa che ognuno ha un compito da realizzare. Uno dei grandi problemi della società in cui viviamo è che ci siamo dimenticati di quali siano i valori fondanti che portiamo dentro, forse perché chi aveva il compito di mantenerli vivi ha fatto troppo poco per continuare a mantenerli, per fare in modo che potessero sopravvivere con forza in una realtà in rapida evoluzione.
Pensare a una società elitaria oggi, con tutti i problemi che dobbiamo affrontare, è assurdo: dividere la società in buoni e cattivi come si faceva a scuola quando temporaneamente mancava il professore è riduttivo, bisogna attivarsi, bisogna rinunciare a qualcosa per guadagnare altro. Nella comunità tutti hanno stessi diritti e stessi doveri, devono sentirsi protagonisti di una storia, ogni persona merita il nostro interesse e il nostro aiuto. Non credo che il padre eterno ami circondarsi di fidatissimi, lasciando in un angolo tutti coloro che per un verso o per l’altro hanno bisogno di aiuto.
Noi italiani siamo stati abituati a dover continuamente chiedere e mediare per sopravvivere in un mondo molto classista, dove il figlio del ricco aveva tutto a disposizione mentre il figlio del povero doveva alzare molto presto i tacchi per guadagnarsi la pagnotta. Gran parte della nostra cultura educativa è nata tra mille timori e paure, incapace molto spesso di stendere uno sguardo amico e sereno sulla realtà. In passato si è parlato pochissimo di inclusione, perché i padri fondatori della cultura nazionale, in alcuni casi invece di convergere hanno coltivato varie forme di divisionismo.
A fronte di un mondo che si apre sempre di più, si rende necessario preparare educatori che siano all’altezza, che sappiano alimentare la stima, che orientino concretamente la voglia di credere e di fare, per questo occorre avere uno sguardo che sappia andare oltre, che sappia vedere positivo anche dove il terreno non è sempre quello che tradizionalmente abbiamo conosciuto. È nell’ambito di questa apertura mentale che l’educazione forma i discenti e i docenti, è in questa straordinaria occasione di evangelizzazione morale e sociale che l’uomo e la donna si formano e si guardano attorno con una rinnovata volontà morale, sociale e religiosa.
Forse è arrivato il momento di chiederci che tipo di educazione vogliamo per i nostri figli, cosa ci aspettiamo da chi un giorno dovrà a sua volta educare, spiegare il significato di parole come Dio, famiglia, patria, amore, coscienza, legalità, giustizia.
Rimettere in sesto una società in crisi non è facile, non è facile recuperare la stima, l’autostima, la determinazione, l’impegno e lo spirito di sacrificio, non è facile guardarsi dentro e cambiare, capire che il mondo che ci attende richiede una grande capacità di adattamento e di cambiamento. Ripartire dalla Costituzione, dai suoi diritti e dai suoi doveri, dalla necessità di diventare parte attiva della società è l’unica strada che possa permettere a tutti di fare un passo avanti.
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