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Il Viaggio

IL CUORE DELL’ISLANDA

FABIO GANDINI - 19/07/2024

irlandaL’isola del fuoco, del ghiaccio, dei nomi impronunciabili, delle pecore che il Creatore ha mandato e continua a mandare sulla terra in misura nettamente maggiore rispetto agli uomini, dello squalo marcio (e dal sapore orripilante) da assaggiare come prova di coraggio, dei vichinghi, delle saghe, dell’aurora boreale.

Questa è l’Islanda che conoscono tutti, la cartolina mainstream di una meta che negli ultimi 10-15 anni risulta tra le più gettonate. È l’Islanda che esce dalle televisioni, dai video su YouTube o dai reel di Instagram. Ed è quella che emerge dagli “assaggi” che la maggior parte dei tour operator classici propongono, quella che i turisti arrivano a conoscere, accontentandosi.

È già un gran bell’accontentarsi, intendiamoci: anche nella sua versione più popolare l’isola nordeuropea lascia a bocca aperta per la sua unicità. Il passo ulteriore, però, è entrarci davvero dentro, spingersi al cuore: allora e solo allora si aprono le porte di un mondo in cui la natura comanda incontrastata, esagerata, ostentando se stessa e così accentuando la tua piccolezza e finitezza di uomo, in uno spettacolo che ti cambia letteralmente la vita.

Non è un passo per tutti, per ragioni economiche, di tempo, di forma fisica e di spirito d’adattamento: andare al cuore costa, in tutti i sensi. E può essere anche un rischio. Chi scrive ha avuto la fortuna di poterlo fare, ma prima è passato dagli assaggi di cui sopra, dagli highlights, indispensabili per far scoccare la scintilla d’amore.

Il primo viaggio fu esattamente 31 anni fa, poco più che un bambino, il papà – che mai finirò di ringraziare per la passione vagabonda che mi ha trasmesso – a fianco. Un viaggio organizzato, di quelli dove vieni prelevato all’aeroporto e seguito passo dopo passo, con una guida e un pullman a disposizione e un gruppo di persone pari a te come compagni di viaggio. Visitare l’Islanda in tal modo significa sostanzialmente percorrerla in tondo, utilizzando l’unica strada degna di questo nome presente sul suo territorio, l’unica – ad eccezione della capitale Reykjavik, della sua rete “metropolitana” e delle due o tre cittadine che l’accompagnano in questa porzione di globo che non contempla le città – a essere asfaltata.

Il nome dice tutto: Ring Road, strada ad anello. Basta farne un tratto per raggiungere il “Circolo” d’Oro” e le sue attrazioni più famose: il Parco nazionale Þingvellir, le imponenti cascate Gullfoss e l’area geotermale di Haukadalur, contenente i geyser Geysir e Strokkur. Proseguendo verso est ecco il salto di Skogafoss, e un assaggio di uno dei ghiacciai più grandi d’Europa, il Vatnajökul, le cui lingue lambiscono il mare creando la spettacolare laguna di iceberg di Jökulsárlón. E ancora il lago Myvtan, Akurery, la penisola vulcanica dello Snæfellsnes e i fiordi del nord.

Bastano sette giorni e si fa tutto, a patto di non avere problemi a condividere il tour con migliaia di altri simili, una moltitudine che da maggio a settembre (ma anche d’inverno) porta ogni anno l’Islanda a conoscere davvero il turismo di massa, e quindi code, affollamenti, rumori, attese.

Vale la pena comunque? Certo.

Il piano B è noleggiare un fuoristrada vero – 4×4, ridotte, alto da terra e dotato di snorkel (non costa poco) – e andare dove in pochi si spingono, percorrendo le “f-roads”: sono gli sterrati, le mulattiere, le piste che tagliano l’isola da nord a sud.

Per farlo bisogna amare il selvaggio, la solitudine, il guidare per cinque o sei o sette ore di fila senza incontrare un altro essere umano, un’altra automobile, una casa, un benzinaio. Bisogna mettere da parte la paura e immergersi fino alla portiera dell’auto nelle decine di migliaia di fiumiciattoli che incontri, con guadi da brivido, o sopportare tempeste di sabbia e di pioggia.

Un prezzo da pagare nullo di fronte a una ricompensa altissima. Servirebbero le foto, a questo punto, non le parole. O almeno qualche nome, in modo da poter cercare, guardare e quindi capire di cosa stiamo scrivendo. In cinque ore (più cinque di ritorno) dalla Ring si raggiunge per esempio Askja, un insieme di caldere che si trovano al centro di un sistema vulcanico lungo 150-190 chilometri e largo dai 10 ai 20 chilometri, dove i crateri sono occupati da laghi splendidi che toccano ogni sfumatura del blu. Lungo il tragitto ci si immerge in paesaggi surreali, in deserti e montagne nude, come se si fosse capitati su un pezzo di luna incastonato nella Terra.

E come non citare, come secondo esempio, il Landmannalaugar, nelle terre alte islandesi, dove le montagne sembrano un acquarello che mischia al verde dei prati il nero delle rocce vulcaniche, il bruno della terra e il bianco della neve? In realtà non c’è pittore che potrebbe immaginare tale perfezione… Solo Dio è capace di questo. E in Islanda si è divertito davvero.

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