La concezione del viaggio come passatempo o piacevole svago non apparteneva all’uomo medievale, abituato ad allontanarsi dal proprio luogo di origine sospinto da esigenze economiche e commerciali, spirituali e devozionali o per ragioni politiche e diplomatiche.
È proprio grazie ai mercanti, ai missionari e agli ambasciatori che gli orizzonti geografici si spalancarono fino all’India e alla Cina, territori intorno ai quali erano comunemente diffuse notizie di carattere fantastico per lo più derivanti da fonti letterarie tardoantiche e da alcuni apocrifi del Nuovo Testamento.
I primi viaggiatori in Estremo Oriente ad averci lasciato una descrizione del loro viaggio sono tre francescani: Giovanni di Pian del Carpine, inviato dal papa presso l’imperatore mongolo (1245), il fiammingo Guglielmo di Rubruck e Odorico da Pordenone, che raggiunse la Cina nei primi decenni del Trecento battendo un tragitto in gran parte marittimo, la cui memoria è conservata in un testo (Relatio) diffusissimo nell’epoca a lui contemporanea.
La sua opera incantò molti fra coloro che attendevano il suo ritorno a casa e fu utile per diffondere una conoscenza reale, anche se in parte ancora fantastica, dell’Oriente.
Gli argomenti esposti nelle pagine della Relatio sono spesso paralleli a quelli che si leggono nel Milione, il celebre libro del veneziano Marco Polo (1254-1324), resoconto di un’esperienza in Oriente di quasi 25 anni.
L’opera nacque tra le mura delle prigioni genovesi, dove Polo era recluso in circostanze a noi ignote, grazie al suo incontro con Rustichello da Pisa, autore di romanzi in lingua d’oil che trascrisse i racconti del suo compagno di cella in un francese venato di italianismi.
La versione originale aveva un titolo non italiano: Devisament dou mond (La descrizione del mondo), probabilmente per dare più ampia diffusione al racconto, mentre il titolo Milione venne ricavato dal soprannome “Emilione”, proprio della famiglia Polo.
L’originale è perduto, eppure è grazie alle traduzioni in latino, ai volgarizzamenti in toscano e in veneto che il Milione ebbe amplissima diffusione e alcuni entusiasti lettori, fra i quali Cristoforo Colombo, che studiò il testo poliano corredandolo di molte annotazioni nella speranza di usarlo come guida una volta approdato sulle coste orientali.
A prescindere dai dati più tecnici, il Milione custodisce non poche informazioni geografiche e antropologiche sull’Oriente: dall’Armenia alla Persia, dall’attuale Afghanistan alla Cina, insieme a notizie sulle merci reperibili in quei luoghi, come stoffe, spezie, pietre preziose e perle.
Non è tutto.
L’opera poliana, infatti, testimonia l’intelligenza luminosa del suo autore che non fu solo un uomo d’affari, ma anche un comunicatore persuasivo e disinvolto, capace di guadagnarsi una posizione di rilievo presso la corte di Kublai Khan, imperatore mongolo.
L’efficacia delle ambascerie che condusse lungo le coste delle coste orientali della Cina, da Cambaluc (Pechino) a Zaiton (Quanzhou) fino alle regioni bagnate dallo Yang-Tze, è testimoniata dalla sua nomina a governatore di Yang chou e da altri viaggi diplomatici di grande importanza.
Al termine della sua esperienza nel Levante, Polo fece ritorno a casa (1295).
Nel tragitto verso l’Europa raggiunse luoghi che ancora non gli erano noti come la costa del regno di Ciamba (Vietnam) e le isole indonesiane; inoltre soggiornò presso la corte persiana e raggiunse Trebisonda e Costantinopoli.
Raccolse storie che contribuirono ad impreziosire la sua opera, un vero e proprio libro delle meraviglie, che rese il suo autore il primo e forse il più noto cittadino del mondo nel Medioevo, precursore della globalizzazione e divulgatore, seppur nei limiti delle sue possibilità culturali, delle differenze che il mondo gli ha mostrato.
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