(C) Acc… avevo preparato un bel discorsetto sulle vacanze, il riposo che ricarica, il silenzio che fa riscoprire le motivazioni per l’impegno quotidiano, e arriva questa faccenda di Trump…
(O) Già. Pochi sanno e stranamente nessuno ci ha fatto un gioco di parole, che trump in inglese è la briscola, che quando arriva cambia il gioco. E The Donald ha pescato una bella briscola, con questa ferita, anzi due, una per non essere stato ucciso e una per l’effetto ‘eroizzante’, di cui ha saputo approfittare.
(S) Ma chi è ferito, Trump o l’America?
(C) La ferita, o meglio la malattia degli USA (anche se mai come ora chiamarli America è una figura retorica che ha un certo significato) ha già dietro di sé una lunga durata, di cui non ci siamo resi conto finora, che ha contagiato ormai gran parte dell’Europa. È una nuova divisione sociale, quasi più territoriale che economica. Certamente culturale. Già otto anni fa Trump giocò su questa divisione, che i politologi sottovalutavano, conquistando la “CINTURA DELLA RUGGINE”, gli stati più colpiti dalla recessione industriale selettiva, determinata dalla globalizzazione. Stati sociali e Stati come grandi elettori, secondo il tradizionale e per noi bizzarro sistema elettorale americano. Scoprii allora che in certe ‘contee’ cittadine H. Clinton superava anche il 70% dei consensi e Trump altrettanto in contesti periferici o rurali. Una specie di rovesciamento dei riferimenti tradizionali tra elettorati di destra e di sinistra.
(S) Proprio come ora succede in Francia e in Italia. Ma ora che cosa cambia?
(C) A riguardo delle elezioni, dopo la prima impressione che dava Trump per sicuro vincitore, alcuni commentatori autorevoli, non so se più acuti o solo tifosi dei democratici, ipotizzando vuoi il ritiro di Biden, vuoi una inversione del mood (difficile tradurre: umore diffuso nella società, tendenza del sentimento collettivo) sostengono che la partita, a mesi di distanza dal voto, non sia già vinta.
(O) Le mosse dei due candidati vanno nella stessa direzione: Biden ha dichiarato “dobbiamo fare tutti un passo indietro” e Trump ha annunciato un netto cambiamento di tono del discorso previsto alla convention di candidatura.
(C) Nella competizione elettorale i candidati si “marcano a uomo”, quindi forse il risultato non cambierà, però sarebbe importante che passasse l’idea di abbandonare, nell’universo mondo, il metodo dello scontro ideologico e della delegittimazione dell’avversario. Persino Zelensky sembra avviarsi in questa direzione, chiamando la Russia a sedersi ad un tavolo di pace, sia pure lontano tanto quanto le elezioni americane. Vedremo anche come gestiranno in Francia un problema simile. Non è diverso nemmeno quello dei vertici dell’UE.
(O) C’è un livello del problema ancora più profondo, cui mi sembra alludere Ezio Mauro su Repubblica: “ogni volta si resta sgomenti davanti all’America che spara ai suoi leader, come se l’accumulo simbolico – gesti, immagini, stili, progetti, polemiche, slogan – della tensione politica sui grandi protagonisti fosse impossibile da reggere nella normalità della vicenda quotidiana, e dovesse periodicamente scaricarsi nella sindrome americana delle armi. Il Trump insanguinato deve ricordarsi che non si serve la democrazia se non con responsabilità e verità, i due obblighi che l’Occidente impone a se stesso e che continua a perseguire, nonostante gli attentati e gli errori”. Da Lincoln ai Kennedy, da M. L. King a Reagan, alle stragi nelle scuole compiute da adolescenti, c’è del vero; la malattia è grave e il contagio può diventare universale, specie nel terreno fertile della jihad.
(C) Molto giusto, con una correzione: la verità è il fine cui servire, la democrazia è il metodo, certamente il migliore. Per uscire dalla strumentalità delle contrapposizioni di potere, verso le quali ogni democrazia è debole e proprio per esercitare la responsabilità personale e collettiva, oggi tanto minata dalla sfiducia che porta all’assenteismo, occorre ricordarsi che la verità, anche in politica, resta il fine ultimo e la condizione necessaria e sufficiente per ritrovare un livello accettabile di unità, nella legittima pluralità di opinioni.
(C) Costante (O) Onirio Desti (S) Sebastiano Conformi
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