“Come tutti i cristiani schietti di ogni tempo, anch’essi volevano un minor pedantismo formale nella dottrina e una maggiore purezza e carità nella vita ecclesiastica. Tanto più un’anima è vicina a Cristo e tanto più soffre di vederlo, spesso, imperfettamente rappresentato nella sua Chiesa”. Così Giovanni Papini racconta il profondo rapporto spirituale e religioso che legò Michelangelo Buonarroti a Vittoria Colonna a metà ‘500 e le stesse parole si potrebbero spendere oggi per la Chiesa che papa Francesco pretende. Il pontefice lo ha ribadito di recente a Trieste partecipando alla 50e edizione delle Settimane Sociali dei cattolici intitolata “Al cuore della democrazia”, un tema sociale per definizione. Ma anche politico.
“Non serve – ha detto – una religiosità che alzi lo sguardo fino al cielo senza preoccuparsi di quanto succede sulla terra. Nel mondo di oggi la democrazia non gode di buona salute, il problema è trasversale a molte nazioni e noi cattolici abbiamo qualcosa da dire. Non per difendere privilegi ma per proporre soluzioni in una società spesso afona e dove troppi non hanno voce”. Il riferimento neppure troppo velato è alla partecipazione dei cattolici in politica, un nodo che non è stato più sciolto dopo la fine della Democrazia Cristiana e la successiva, irrilevante dispersione nei vari partiti. È giusto relegare la fede nella sfera privata? O andrebbe finalizzata a conseguire obiettivi congrui?
Nel mondo si diffonde il fascino dei populismi, ovunque i diritti sociali vengono negati, il dramma dei migranti è sotto gli occhi di tutti, la conversione ecologica, la ricerca della pace, il disarmo, l’intelligenza artificiale, il profitto elevato a religione sono temi di stringente attualità. E in Italia destano la preoccupazione della Chiesa il pericolo della dittatura della maggioranza paventato dal presidente Mattarella e condiviso dai vescovi, il premierato che super-concentra i poteri, l’autonomia che spacca il Paese in due. E poi la corruzione, l’illegalità, l’esclusione sociale. Che fare?
“La partecipazione s’impara da ragazzi e va allenata per formare un senso critico che sappia opporsi alle tentazioni ideologiche e populistiche – osserva il papa – Non possiamo accontentarci di una fede marginale e per questo è necessario moltiplicare gli sforzi per favorire la crescita sociale e politica dei giovani”. Ad ascoltarlo ci sono un’ottantina di amministratori locali cattolici che vorrebbero dare vita a una rete trasversale. “C’è voglia di partecipazione per aiutare la democrazia nel nostro Paese”, ammette il presidente della Conferenza episcopale Matteo Zuppi. E risponde a chi accusa i vescovi di tirare la volata a una certa parte politica: “I cattolici non sono una lobby e non difendono interessi di parte”.
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