Conservazione o radicalità? Conservazione, conservazione. Il cerchio fidato di Giorgia Meloni cerca di persuaderla a non sfilarsi da Ursula Von der Leyen. Voto assemblare a Strasburgo la prossima settimana, e lì l’ex underdog dovrà decidere se muovere il passo che in un futuro non lontano potrebbe collocarla nell’ala destra del Ppe oppure muovere quello verso i Patrioti di Orbàn e Salvini, più un’altra decina di destrorsi estremi: spagnoli, cechi, francesi eccetera. Anti-Ue, filoputiniani, trumpisti.
Nessun dubbio, osservando da fuori, che a Giorgia convenga star dentro. Nella maggioranza che governerà l’Europa di qui al ’29. Ne va delle sorti d’Italia: un commissario di peso, ovvero con pingue portafogli, e una vicepresidenza non così meramente formale. Tenuto presente che dei soldi Ue avremo bisogno, meglio andar sul pratico a pro del Paese. Ma anche a pro del centrodestra tricolore, di tutto bisognoso tranne che dell’emarginazione. Sherpa sono all’opera, specie su incarico di Tajani, per convincere la premier al pragmatismo.
I dubbi residuali di Meloni dovrebbe averli risolti la sconfittona di Le Pen alle legislative francesi. Doveva trionfare, ha perduto. E subito s’è buttata tra le braccia della compagnia di ventura comandata da Orbàn. Uno scarto laterale che lascia libera la via centrale a una destra intenzionata a percorrerla. Perché rinunciare?
Comprensibile che la presidente del Consiglio tema di smarrire consenso ultrà, visto l’incalzare di Salvini/Vannacci. E tuttavia la perdita sarebbe compensata dal favore moderato già in parte ricevuto alle politiche del ‘22 e alle fresche europee: ora attende l’ottimale utilizzo. Un assist a questa scelta d’opportuna saggezza (o di saggia opportunità) viene dalla cinquantesima Settimana sociale della Chiesa tenutasi a Trieste. Sia il Papa sia il presidente della Cei han parlato d’una democrazia che non gode di buona salute e va aiutata. Come? Abbandonando i vittimismi, accendendo la speranza, creando una casa comune di fratelli tutti. Che non sono i Fratelli d’Italia. Però, tradotto in politica, il concetto vuol dire: includere più che si può, volgere l’emarginazione/la rabbia in revanche spirituale/materiale, rinunciare agli egoismi di fazione in favore della virtù collettiva.
Lo spazio d’esercizio di tali attitudini è al centro, naturalmente nelle sue varie declinazioni, compresa quella citata nell’incipit di questa noterella: la conservazione. Se la conservazione vien messa al servizio della collettività, il beneficio sarà di chi dà e di chi riceve. Nel caso contrario, il danno sarà grande/vicendevole/forse irreversibile in un lungo periodo di angosce, visto il quadro di guerre, sofferenze economiche, tribolazioni sociali eccetera. È il momento d’essere statisti, secondo Bergoglio e Zuppi: come dar torto alla ragione? Ecco su cosa merita d’insistere l’elucubrare di Meloni, alla vigilia d’una scelta comunque epocale.
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