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Sport

LA DIASPORA

FABIO GANDINI - 05/07/2024

pallacanestro-giovanileQualcuno potrebbe anche obbiettare che una squadra che ha ottenuto la salvezza aritmetica alla terzultima giornata non sia esattamente qualificabile come oggetto di un rimpianto. E sarebbe difficile dargli torto.

Assistere tuttavia alla diaspora della Pallacanestro Varese 2023/2024 in corso in queste settimane rimanda a un problema ben più grave del qui e ora e del singolo caso di specie: l’impossibilità per il club che da sempre rappresenta l’orgoglio sportivo cittadino di elevarsi dal basso cabotaggio in cui è piombato da decenni dopo l’epoca d’oro della sua epopea.

No, nemmeno la cura prescritta dal “medico” argentino Luis Scola sta riuscendo – almeno finora – a rialzare il rango biancorosso, oggi come oggi intrappolato in una malattia che ha un solo e inconfutabile nome: la scarsezza di mezzi economici.

Servono soldi per convincere i giocatori a sposare una causa, per dare continuità a un progetto, per permettere a un gruppo di crescere: se non ci sono, o sono pochi, si rimane esposti alle incursioni di chi invece ne dispone e sa come convincere un atleta a cambiare casacca. E quando la moneta sonante arriva – a causa di un epocale cambiamento delle regole – a comandare anche nel mondo dei settori giovanili, ecco che lo stallo rischia di diventare cronico per una società come quella prealpina.

Per capire torniamo innanzitutto alla diaspora. Cinque sono i protagonisti della passata stagione che Varese ha tentato di trattenere in questo inizio di mercato, con l’intendo di rifondare la nuova squadra sulle loro prestazioni, forte di contratti pluriennali firmati 365 giorni fa.

Ebbene: in tre hanno già preso il volo, stracciando quei contratti e pagando (o facendo pagare dal club acquirente) penali che in nessun caso hanno avuto un’azione deterrente sulle volontà di acquisto altrui e su quella dell’atleta di cambiare area.

Il primo adieu è stato quello del francese Hugo Besson, giovane di buone speranze. Il secondo quello di Davide Moretti, non un campione ma tra gli italiani più validi della Serie A esclusi quelli che militano negli squadroni. Il terzo è stato il capitano, Sean McDermott, direzione Turchia. Tutti sono stati attirati da stipendi in qualche caso addirittura doppi rispetto a quelli garantiti dalla Pallacanestro Varese, tutti hanno smentito le dichiarazioni d’amore fatte a fine stagione verso la realtà che li aveva accolti: il danaro, in una carriera che dura al massimo quindici anni, conta d’altronde molto più dei sentimenti. E lo stesso vale per le ambizioni: andare in formazioni che aspirano a tentare di vincere coppe e scudetti è assai più gratificante che lottare ogni anno per la salvezza o al massimo per una comparsata ai playoff.

Scola&co hanno incassato i “tradimenti”, inevitabilmente a buon viso, consci dei meccanismi che governano il tutto, sperando però di evitarne un quarto, il più doloroso e il più problematico: quello di Nico Mannion. Il nostro è l’unico vero “campione” (quantomeno in erba) disponibile nel roster di Masnago: la sua acquisizione a dicembre 2023 è stata un colpo da maestro dell’amministratore delegato argentino e ha svoltato una parabola agonistica che, senza di lui, sarebbe caduta irrimediabilmente in una tristissima retrocessione.

Nico è legato a Varese da un altro anno di contratto che gli varrebbe uno stipendio di tutto rispetto, ben superiore alle possibilità tipiche della società lombarda. Certo, altrove potrebbe guadagnare ancora di più, ma nel suo caso i soldi sono un problema secondario: il Red Mamba italiano infatti sogna l’NBA e, in subordine, l’Eurolega. Se da questi mondi dovessero arrivare squilli, il quarto addio potrà diventare realtà da un momento all’altro.

E allora? Ma Scola non aveva detto di voler ripartire dai giovani, di volerseli formare in casa i giocatori di domani, di voler re-intraprendere la strada che ai tempi mitici costruì la gloria partendo dai ragazzi “allevati” sotto al Sacro Monte (tipo Meneghin e Ossola), magari ampliando lo spettro del reclutamento all’Italia intera, all’Europa e al mondo?

Tutto vero. E ci sta anche provando. Peccato che la Federazione Italiana Pallacanestro abbia appena abolito il vincolo sportivo anche per gli under 20 (e fino agli under 13): questo significa che ogni estate a partire da quella corrente un ragazzino sarà libero, senza pagare alcuna penale, di cambiare settore giovanile, lasciando con un pugno di mosche in mano chi lo ha cresciuto fino a quel giorno…

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