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In Confidenza

ORECCHIE E BOCCA

Don ERMINIO VILLA - 05/07/2024

effataNon c’è peggior muto di chi parla a vanvera. Dio ci ha dato due orecchie e una bocca per ascoltare il doppio e parlare la metà. Gesù compie tre gesti sul sordomuto e li rifà su di noi per toccarci, interpellarci, liberarci: sfiora le orecchie per stapparle dal cerume dell’ostinazione, umidifica con la saliva le labbra screpolate dall’acidità, offre un soffio per smuovere dall’accartocciamento asfissiante.

Tre gesti che richiamano le tre sfumature dello stesso verbo: udire, ascoltare, sentire. Si può udire una parola facendola entrare da una parte e uscire dall’altra: mi sfiora e scivola via o mi colpisce e ribalza. Se entra, va al cervello e viene gustata, suscita interesse. Se poi anche scende nel profondo, come soffio fa vibrare il cuore e smuove il sentire, genera “sensazioni” o ancor più “sentimenti”.

Quante volte siamo sordomuti. Non sappiamo dialogare perché non vogliamo udire: solo prendiamo tempo per controbattere. È un investimento che insegna a pensare e pesare ciò che si ascolta e si dice. Le parole possono essere fiori o lame. Riempiono spazi immensi, e altrettanti ne svuotano. Si incastrano nel cervello, rimangono attaccate all’anima e a strapparle via ci si fa male. Anche solo per convenienza, sarebbe meglio rendere le nostre parole il più possibile leggere, perché può succedere di doversele rimangiare.

Gesù poi fa tacere, per decantare dentro e sentire. Lo capiamo da soli nelle discussioni dolorose: puoi udire grida, stare ad ascoltare frasi che ti offendono o puoi provare a sentire il dolore nascosto di chi urla. E’ il ‘di più’ di Gesù, che sembra solo un soffio.

Un attimo di silenzio che ribalta tutto e riapre la comprensione. Come cambierebbe se prima di reagire facessimo un sospiro domandandoci se si è solo udito, o ascoltato, o sentito.

Chi sente davvero poi assomiglia alle parole che dice. Io assomiglio alle parole profonde o ai rumori esterni? Ho orecchie tappate, labbra acide, solo soffi sbuffanti?

Il Dio di Gesù assomiglia alle parole che dice. A Dio non interessa tanto e solo udire formule a memoria. Sta ad ascoltare ogni nostro brontolamento cercando dialoghi, pure quando parliamo di tutto e con tutti tranne che con lui.

La sua priorità è sentirci, tanto da preoccuparsi: come ti senti? E lui, a differenza di tanti, aspetta attento la nostra risposta anche se sa che non arriva, perché distratti neanche ascoltiamo.

Chi non ti vuole sentire, non ti sente neanche se urli. Chi ti vuol capire, ti capisce anche se non parli. Perché quando si litiga si urla anche se si è vicini? Di fatto si percepisce una distanza da colmare. Al contrario due innamorati sussurrano perché si sentono uniti tanto che spesso non c’è bisogno di parlare. Per questo Dio non si ode, ma si sente: è sempre lì, a un soffio.

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