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Cultura

DANTE IN SAN PIETRO

SERGIO REDAELLI - 05/07/2024

Franco Ricordi

Franco Ricordi

Uno spettacolo urbi et orbi. Così, senza mancare di rispetto alla solenne benedizione pontificia, la Divina Commedia è diventata un capolavoro da palcoscenico. Il poema dantesco ha ispirato romanzieri e cineasti ed è stato divulgato da grandi interpreti come Vittorio Gassman, Giorgio Albertazzi, Carmelo Bene, Vittorio Sermonti e Roberto Benigni che a partire dal 2006 ha portato in tournée in Italia e nel mondo il recital Tutto Dante replicato in tv per milioni di spettatori. Impossibile fare di meglio? Forse. Ma le tre cantiche letterarie vivono di luce eterna e approdano ora anche in piazza San Pietro, su invito del papa, nell’interpretazione dell’attore, regista, saggista e filosofo Franco Ricordi.

Lo spettacolo, suddiviso in tre appuntamenti ciascuno di quattro serate, ha debuttato dall’1 al 4 luglio con l’Inferno e proseguirà nell’estate del 2025, in pieno Giubileo, con il Purgatorio e il Paradiso. S’intitola La commedia di Dante per San Pietro, è a ingresso gratuito e checché ne dica l’illuminato ministro del governo Meloni è uno spettacolo per tutti, non è di sinistra e tantomeno di destra. Lo hanno applaudito in tutto il mondo. Sotto forma di Lecturae Dantis Ricordi lo ha portato in Cina, in Russia, in Kazakistan, in Africa, in Sudamerica e in Ucraina, a Kiev, prima del proditorio attacco ordinato da Putin. Esprime un messaggio profondamente cristiano e per questo Francesco lo ama.

Il papa dedicò alla figura dell’Alighieri la lettera apostolica Candor Lucis aeternae, splendore di luce eterna, nel settimo centenario della morte il 25 marzo 2021: “L’opera di Dante – scrisse – è parte integrante della nostra cultura, ci rimanda alle radici cristiane dell’Europa e dell’Occidente, rappresenta il patrimonio di ideali e di valori che anche oggi la Chiesa e la società civile propongono come base della convivenza umana tra fratelli”. Un messaggio attualissimo. Il poeta denuncia i credenti, siano essi pontefici o semplici fedeli, “che trasformano la Chiesa in uno strumento per i propri interessi, dimenticando la carità verso i piccoli e i poveri e idolatrando il potere e la ricchezza”.

Nella lettera Bergoglio si richiama all’enciclica In Praeclara Summorum di Benedetto XV (1921) e al documento Altissimi cantus di Paolo VI (1965) che testimoniano la stima che i predecessori del ‘900 nutrirono per Dante. Eppure il poeta, la cui vita fu attraversata da ben quattordici papi, non fu tenero con i Vicari della Chiesa cattolica precipitandone quattro all’Inferno: il dimissionario Celestino V “che fece per viltade il gran rifiuto” confinato tra gli ignavi nell’Antinferno e i simoniaci Bonifacio VIII che fu causa dell’esilio del poeta, Niccolò III Orsini “cupido sì per avanzar gli orsatti” e Clemente V che trasferì la sede del papato ad Avignone. Tutti dediti al commercio delle cose sacre. Nel Purgatorio finiscono invece l’avaro Adriano V e il goloso Martino IV, insaziabile di anguille.

Nella biblioteca ideale di Francesco non c’è posto però solo per il ghibellin fuggiasco. Un posto di riguardo occupano le Memorie dal sottosuolo di Fëdor Dostoevskij che esprimono “l’amore preferenziale per i poveri” e i Promessi Sposi di Alessandro Manzoni che il papa dice di avere letto tre volte, che definisce “un’appendice del Vangelo” e una ideale guida al fidanzamento. Tra le frequenti citazioni letterarie del papa figurano con Agostino e Ignazio di Loyola il prediletto Pablo Neruda ma anche Vinicius de Moraes, Jorge Luis Borges, Octavio Paz e il poeta francese Léon Bloy. Di cui Francesco pronunciò le parole “chi non prega il Signore prega il diavolo” durante la prima messa officiata nella cappella Sistina.

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