Il dibattitto Biden-Trump pone un problema: ma il mondo può essere affidato per i prossimi quattro anni ad uno di questi due personaggi, soprattutto visto che le alternative sono Xi e Putin? Biden ne è uscito schiantato, un disastro mediatico ed elettorale, pochi avrebbero pensato ad una crisi di senilità così evidente del Presidente tanto che la domanda che si sta facendo tutto il mondo è su chi stia effettivamente comandando già oggi alla Casa Bianca. Affidare il bottone nucleare a una persona che non riesce a scendere da un palco se non aiutato dalla moglie è umanamente triste e patetico, ma davvero inquietante.
Per contro Trump vince più per la pochezza dell’avversario che per meriti propri e l’unico aspetto che umanamente salva Biden è stato proprio la sua evidente fragilità, l’affettuosa comprensione che gli è comunque dovuta per il correre inesorabile del tempo che impone però ora ai democratici di chiedersi se sul serio vogliano andare a suicidarsi a novembre o se in realtà qualcun altro (altra?) sia pronto dietro l’angolo.
Perché, pur giocando “in casa” ad Altanta by CNN – ovvero un’emittente notoriamente democratica – le difficoltà di Biden sono apparse a tutti evidenti con la stessa CNN che ha dato vincitore Trump 70/30.
Riavvolgiamo il film: Biden aveva sempre detto di no ad un confronto con Trump ma alla fine ad aprile, improvvisamente, ha accettato la sfida del candidato repubblicano e quindi qualcuno deve avergli pur suggerito di farlo. L’esito era appunto quasi scontato ma – pur con una formula ibrida di microfoni chiusi a vicenda, domande dirette e poche repliche – semplicemente non c’è stata partita tanto la sconfitta di Biden è stata palese ed impressionante. Non sono state necessarie neppure le provocazioni trumpiane davanti ad un evidente imbarazzo, confusione, a tratti perfino un balbettamento incomprensibile del presidente.
Alcune battute erano reciprocamente preparate, è ovvio, come i rapporti tra Trump e la pornostar, ma l’impressione è stata di staticità, mancanza totale di improvvisazione, verve, dinamicità mentale del Presidente che è apparso particolarmente stanco, svuotato, oltre ad un problema vocale che lo ha svantaggiato ben oltre la provocazione dell’avversario che prima del dibattitto aveva accennato a possibili “aiutini” di psicofarmaci. Un Trump furbo a trasformarsi da lupo in agnello riuscendo a minimizzare i suoi limiti e le sue contraddizioni e a scantonare su tanti suoi aspetti discutibili.
Alla fine è apparso chiaro a tutti che non è evidentemente possibile affidare a Biden una durissima campagna elettorale ma soprattutto i prossimi quattro anni, ma questo significa riaprire subito non solo le primarie democratiche ad altri possibili scenari, ma a porsi già da oggi dubbi sulla presidenza, lo staff, i consiglieri ufficiali ed occulti.
Come può già oggi e non domani Joe Biden stare a capo del mondo? Chi lo guida in questo momento così difficile e seguendo quali interessi? Non può evidentemente bastare l’affetto e la vicinanza silenziosa della first lady ed infatti già poche ore dopo il dibattito molti commentatori (NYT in testa) hanno cominciato a chiederne il suo ritiro.
In campo democratico c’è quindi sconcerto totale anche perché a novembre non si voterà solo per il Comandante in Capo ma per una parte del Congresso ed una infinità di nomine locali che restano fatalmente condizionate dalla scelta più importante.
A Biden va il rispetto per l’età, ma anche il dubbio del perché si sia ricandidato (o sia stato ricandidato) se evidentemente non è più in condizioni fisiche per interpretare il suo ruolo.
Così alla fine l’America democratica si è ritrovata nei dubbi, nel caos, nella polemica interna perché la vice Kamala Harris non esiste ed è stata un flop clamoroso rispetto alle speranze, improponibile per un quadriennio. Spazio allora per il governatore della California Gavin Newsom o per Michelle Obama che si nega, ma che alla fine potrebbe accettare una candidatura “last minute” con un sospiro di sollievo di tutto il partito?
A quattro mesi dal voto i democratici guardano affannati il calendario e la disperazione è evidente mentre in campo repubblicano si aspettano contromosse o sarebbe un vincere facile e troppi ambienti finanziari, militari, ed economici degli USA un Trump nello studio ovale non possono e non vogliono permetterselo.
You must be logged in to post a comment Login