Sessant’anni fa, poco prima dell’incipit estivo (6 giugno) e poco dopo l’avvio (6 luglio), scomparvero due sindaci di Varese. Meglio: un ex sindaco, Enrico Bonfanti, e un sindaco ancora in carica, Lino Oldrini. Vale ricordarli perché furono uomini di caratura speciale. Venivano da tempi diversi e idee differenti, comunista l’uno e democristiano l’altro. Entrambi dedicarono alla città impegno esemplare, competenza rara, tensione all’ascolto. Ascolto, ecco: dar retta alla gente. Il segreto (ma non è un segreto) per evitarle d’abbandonarsi all’astensione.
Bonfanti fu il primo sindaco dopo la guerra. Lo volle il Comitato di liberazione nazionale dell’Alta Italia. A suo favore, un passato di militanza antifascista costatagli galera, confino, rifugio all’estero. Capitò il momento in cui avrebbe potuto chiedere la grazia, per il decennale della Rivoluzione fascista: rifiutò. Concluse l’impegno di patriota vero arruolandosi nella Brigata Garibaldi Walter Marcobi, cruciale dalle nostre parti nella lotta partigiana. Obbedì, è il caso di dire, alla missione di sindaco, che gli venne assegnata: neppure un anno, giusto il tempo per lanciare il successore Luigi Cova. Un periodo nel quale spicca la consegna della cittadinanza onoraria a Charles Poletti, l’italo americano che sovrintese alla Lombardia su indicazione degli alleati e la cui mamma era varesina, Carolina Gervasini. Bonfanti fra l’altro ebbe il merito di restituire l’onore a Calogero Marrone, il capufficio dell’Anagrafe municipale che aveva salvato molti ebrei. Sospeso dal podestà Castelletti, fu internato nel lager di Dachau, dove morì. Anche per questo a Bonfanti, nel 2021, si dedicò il cortile d’onore di Palazzo Estense.
Oldrini era un avvocato luinese. Abile nella professione, capace di relazionarsi al meglio con gli altri, oggi si direbbe portato all’empatia. Difatti, pur non avendo la tessera del partito, la Dc lo insediò nel ’56 al vertice dell’Amministrazione civica. Ruolo che egli seppe da subito interpretare adeguandosi allo spirito dei tempi. Nell’epoca del rinnovamento, Oldrini fu uno smagato trascinatore. Varese cambiava pelle e il sindaco non frenò l’esuberanza dei tanti che sollecitavano una trasformazione urbana profonda, accelerata, disinvolta. Caddero vecchie mura, ne sorsero di nuove, talvolta ben realizzate, tal’altra no. Come nel resto del Paese, percorso da disordinato impeto pionieristico dopo gli anni bui di miseria, sofferenza, lutti. L’avventura del boom economico, di cui la città fu beneficiata grazie soprattutto a Giovanni Borghi che diede impulso all’intera imprenditoria locale, ebbe in Oldrini un autorevole protagonista. D’intesa col Commenda si prodigò in favore del palasport di Masnago, richiesto ogni domenica a gran voce dai tifosi dell’Ignis assiepati sulle tribune in tubolari dell’angusta palestra di viale 25 Aprile, detta dei Pompieri. Il sindaco mise così tanto slancio nell’iniziativa, da far cedere un cuore affaticato. Ne resta la memoria proprio sulla targa del palasport, doverosamente intitolatogli. Ogni tanto è bene ricordarci della nostra storia: è solo guardando al passato che si può avere un futuro.
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