Luogo comune è associare il morbillo all’infanzia, ritenendola esclusivamente una malattia dei bambini. In realtà non è proprio così ed ora che questa infezione sta ritornando di moda è utile fare qualche precisazione.
Il morbillo è una malattia infettiva trasmessa da un virus a RNA (morbillivirus), diffusa in tutto il mondo e l’uomo ne è l’unico ospite naturale.
Dopo l’introduzione del vaccino avvenuta negli anni 60, l’incidenza del morbillo è crollata, mentre prima ogni due o tre anni si registravano epidemie con un numero stimato di morti l’anno sopra i 2,5 milioni.
Ancora oggi questa malattia è responsabile di diverse morti (136 mila nel 2022) soprattutto nei bambini e nei Paesi sottosviluppati, mentre vale la pena di sottolineare come la Regione delle Americhe (una delle 6 regioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) sia ad oggi l’unica ad aver raggiunto nel 2016 l’eliminazione. Negli anni successivi però anche in quell’area l’infezione si è progressivamente ripresentata.
Questo perché il morbillo è altamente contagioso al punto tale che il 90% delle persone che vengono a contatto con una persona infetta a loro volta si contagiano.
I contagi seguono anche l’andamento climatico e nei Paesi a clima temperato il picco di incidenza si ha a fine inverno inizio primavera.
La malattia si trasmette tramite le goccioline di saliva eliminate con tosse e starnuti, queste rimangono nell’aria ma anche sulle superfici esposte per poche ore. Si è contagiosi per quattro giorni prima e quattro dopo dalla comparsa delle eruzioni caratteristiche e note ai più (le macchie di Koplik, lesioni bianco bluastre di 2-3 mm leggermente rilevate presenti sulla mucosa della bocca che anticipano di un giorno quelle della pelle).
In media l’incubazione dura 10-12 giorni, i sintomi sono quelli di una normale influenza (malessere, febbre, tosse, raffreddore) e precedono le manifestazioni cutanee che solitamente partono da volto e collo per poi diffondersi in un paio di giorni su tutto il corpo. Dopo tre/sette giorni l’esantema scompare lasciando una pelle più o meno desquamata.
Tutti questi sintomi possono essere più sfumati per quelle persone che sono già in possesso di una parziale preesistente immunità.
La diagnosi certa è fatta dal laboratorio, che va ad isolare nel siero gli anticorpi igM specifici del contatto con il virus del morbillo o talvolta rilevando anche un aumento di igG segno della nostra risposta immunitaria.
L’attenzione va posta a quei casi che vanno incontro ad un decorso grave (in alcune statistiche fino al 30%) più spesso bimbi sotto i 5 anni, donne in gravidanza, soggetti con scarse difese immunitarie.
Polmonite ed encefalite acuta sono le complicanze patologiche più comuni e pericolose che possono portare a danni permanenti ed in alcuni casi anche alla morte.
La terapia non è specifica e quindi comprende antipiretici, somministrazione di liquidi talvolta antibiotici quando indicati e soprattutto gli americani consigliano nei bimbi anche la somministrazione di vitamina A (indicazione valida soprattutto in quei Paesi in cui si possa ipotizzare una carenza alimentare della vitamina, caso invece piuttosto raro nei Paesi evoluti).
La vera prevenzione è nella vaccinazione, con vaccino vivo ed attenuato, non costoso, con profili di sicurezza molto elevati. Spesso il vaccino è combinato (ad es. rosolia e varicella): è consigliata una prima inoculazione ad 1 anno di vita ed una seconda a 5, questa protezione è efficace nel 90% dei casi.
Ad oggi nei primi 5 mesi dell’anno in Italia sono stati notificati 556 casi di morbillo (83% in Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Abruzzo, Sicilia). L’89,7% dei casi al momento del contagio non era stato vaccinato, l’età mediana circa 30 anni.
I dati più recenti (2022) dicono che oltre il 94% della popolazione ha fatto la prima dose e oltre l’85% la seconda.
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