Nella basilica di San Vittore in Varese si ha modo di considerare in pieno l’arco-pittorico-poetico di Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone (1573-1626).
Egli, ancor giovane, fu chiamato ad affrescare l’archivolto ed il catino della cappella della Madonna del Rosario (aveva ventisei anni, quando li portò a termine), illustrando, nell’ovato centrale del catino, l’Incoronazione della Vergine, con ai lati, in appropriati riquadri, figure di angeli musicanti.
Più tardi, fu chiamato a dar corpo pittorico alle pareti della cappella, che inquadravano l’altare con la reliquia della Madonna gotica.
L‘operazione fu portata a termine tra i 1615 ed il ‘17, e giova ricordare che in basilica, nel 1611, aveva approntato le magistrali opere della cappella della Maddalena, illustrate la volta scorsa. Insomma, potremmo dire che il Morazzone era di casa in Basilica; se poi aggiungiamo che aveva già affrescato le pareti della Settima Cappella della Fabbrica del Rosario: la cappella dei milanesi Litta (1609), anche nel borgo di Varese.
La sua compiuta maturità, già avvertita nella “scandalosa” assunzione della Maddalena, si avverte benissimo nelle due grandi scene affrescate della Presentazione della Vergine al Tempio (a sinistra) e del suo Sposalizio (ovviamente a destra).
Sfruttando la conformazione ad angolo delle due pareti che si aprono a ventaglio facendo perno sull’altare, il Morazzone imposta le due scene rimarcando una diagonale a salire, per accompagnare felicemente il movimento di Maria che sale incontro al Sacerdote. Tuttavia, attestando una sua ben precisa familiarità con le figure del manierismo, in primo piano imposta la figura muscolosa di un mendicante quasi ignudo, che dilunga la sua gamba destra per cercare appoggio sul gradino del tempio, e piega vigorosamente la sinistra per trovare equilibrio alla spinta che lo coinvolge nel chiedere l’elemosina.
Si contrappone a questa muscolare affermazione la celestiale figuretta di Maria che va incontro con decisione al Sacerdote, il quale l’accoglie a braccia aperte.
Il padre Gioachino accompagna la presentazione entrando in scena da sinistra. La presa di veduta dal sotto in su amplifica l’entità architettonica del pronao del Tempio, costruito con colonne e pilastri scanalati di ordine dorico, che danno raffinato contrappunto pittorico, di chiaroscuro, rispetto alla rutilante accensione dei colori delle figure.
Nello Sposalizio la scena è a scendere, ambientata in una cappella a colonne e pilastri rudentati, di ordine corinzio, che si apre sul vasto emiciclo del tempio coperto da volta a cassettoni come il Pantheon romano.
Il sacerdote compie due gesti contemporaneamente distinti: prende per il polso la destra di Maria e l’avvicina a quella di Giuseppe che si predispone ad infilarle l’anello; e benedice l’unione che si sta verificando.
Maria posa flessuosamente il bacino ed il busto, inclina la testa velata, esprimente un volto di straordinaria dolcezza, mentre con la sinistra lungo il fianco tiene delicatamente il libro delle preghiere che non avrebbe mai lasciato nella prossima Annunciazione.
Nel corteo delle fanciulle che accompagnano Maria, in basso sulla destra, affiorano visi che sono familiari alla pittura di Bernardino Luini e di Gaudenzio Ferrari, a dimostrazione, credo, che il Morazzone faceva tesoro delle opere dei maestri, dando corpo ad una vera tradizione pittorica.
Al piede ed al colmo delle grandi, nobili scene, e dei finestroni, stanno riquadri affrescati che illustrano momenti della vita della Vergine. In essi Morazzone trova modo di esprimere una sua smagliante capacità narrativa, al pari di quella dimostrata nel racconto del Cristo ortolano al piede della Assunzione della Maddalena.
Si guardino in particolare la scena nella quale un angelo che scende dal cielo con il suo corredo di magnifiche stoffe e di ali rutilanti, offre qualcosa alla Vergine che gli sta di fronte, seduta, intenta a leggere. Non è una Annunciazione, come la Gregori sbrigativamente la liquidò, ma un momento raro, cavato dal Protovangelo di Giacomo, che racconta come Maria nel Tempio ricevette del cibo dal cielo.
Di una strepitosa felicità è, infine, la scena nella quale si vede Giuseppe falegname che si protende sopra il banco del lavoro per accogliere a braccia aperte Gesù, che scappa via dall’abbraccio della Madre, la quale premurosamente gli infila le mani sotto le ascelle per non farlo cadere.
Questa è la pittura che educa alla lettura ed alla comprensione della vita di Maria proponendola come una scena domestica, senza sacralità ma tutta verità umana.
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