È singolare darsi ancora tempo (molto tempo) per discutere cosa fare della viabilità varesina dopo l’ultimazione dei lavori all’ex caserma Garibaldi. Si sarebbe dovuto approfondire l’argomento prima, vagliare ogni possibile soluzione, infine decidere. Non il contrario. La viabilità è cruciale, la viabilità è una semper/emergenza, la viabilità è tutto. Varese, ricopertasi d’asfalto seguendo le linee d’attraversamento est-ovest degli storici tram, ha mai goduto d’uno schema razionale di percorrenza. Situazioni casuali, poi corrette, quindi rimesse nell’ordine precedente, infine di nuovo rivedute. Soprattutto si mancò nel circondare la città di tangenziali che escludessero d’invadere il centro per andare da un punto all’altro. Se ne ipotizzò qualcuna, parzialmente realizzandola (si pensi a corso Europa, piantato lì a metà: doveva arrivare sino a Masnago, zona Esselunga), se ne trascurarono altre.
Di conseguenza si dovette trovare un compromesso nel cuore urbano, ottenuto con equilibrismi non sempre felici che tuttavia l’abitudine ha reso sopportabili, quando non insperatamente funzionali. Fu il caso del cosiddetto ring (Verdi-Copelli-Sabotino-Sant’Antonio-Motta-Repubblica), in principio fortemente osteggiato, poi accolto con ragionevole pazienza. Nel caotico disegno della rete viaria, meritevole è stato l’intento di pedonalizzare qui e là più che si poteva, a favore della tutela ambientale. Esperimenti talvolta riusciti, tal’altra no. Però non si può negare la tendenza a migliorare, inventandosi l’inventabile.
Ora il caso Repubblica. Alcune idee sono venute, ulteriori verranno. Benaccette tutte. Più il dibattito s’allarga, più ci guadagniamo. Resta un fatto. La via Spinelli (lato ex caserma) risulta indispensabile alla transitabilità della zona e non c’è progresso nel fluire del traffico sul nuovo largo Flaiano che ne suggerisca la chiusura. Né l’idea, a quanto pare largamente condivisa dai consiglieri comunali, di riservare l’intera area della piazza alla pedonalizzazione sembra così illuminata, strategica, determinante. Che problema sarà mai far due collegamenti, grazie a semafori e strisce bianche, tra il rinnovato manufatto e il resto dell’immenso spazio usufruibile da chi va a piedi? Il beneficio supererebbe il costo. Perché, comunque si giri la frittata, chiudere via Spinelli significherebbe assestare un colpo esiziale allo scorrere dei veicoli in quell’area e tutt’attorno.
Questo non è ovviamente un parere tecnico. È un’osservazione da cittadino qualunque. Però che frequenta ogni giorno Varese, in auto e non in auto. E sperimenta di persona come van le cose quando la via Spinelli è aperta e come non vanno quando, per cause accidentali, è chiusa. Dunque va bene consegnare la post-Garibaldi a scopi culturali, sociali, commerciali eccetera ottimizzando l’enorme spesa che il suo riuso fa pesare nelle tasche popolari. Non va bene sacrificare la ricettività/funzionalità del rinnovato edificio sino a rendere dei martiri neo-garibaldini gli automobilisti che vi gireranno attorno. Di eroi ci bastano, tra gli altri, i fratelli Pavesi cui è intitolata (lo sapevate? Lo sanno gli amministratori civici?) la strada parallela alla Spinelli: erano i Cairoli, figure leggendarie del nostro Risorgimento, a partire da Ernesto cui intitolammo il liceo classico. Il nome giusto per studiare al meglio. Senza prendere vie traverse.
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