L’Associazione Amici della Terra Varese ODV partecipa al convegno “Siamo l’acqua che beviamo” sabato 22 giugno alle 10.30 presso la sala Veratti insieme a ITREE e alla Pro Loco di Varese.
In zona ci sino due sistemi idrici ed inerenti problemi fognari: Il bacino del Lago di Varese ed il Bacino del fiume Olona.
In pratica – lo ho sottolineato ancora recentemente nelle comunicazioni dell’associazione alle Autorità – il sistema di raccolta acque da destinare alla depurazione (ribadisco solo quelle) deve costituire il “rovescio dell’acquedotto”, chiamiamolo un acquedotto “nero”. In prospettiva, se realizzato correttamente, un simile sistema non risentirebbe delle precipitazioni meteorologiche e renderebbe inutili gli impianti esistenti di sfioramento (pare, ben 200).
Succede di fatto quindi che nelle acque “naturali” che scorrono verso il lago permanga, in misura più o meno importante a seconda dei punti di vista, una presenza di sostanze o componenti biologiche inquinanti, ricordando che le acque decadenti dagli insediamenti sul territorio comprendano anche molecole “moderne” o nuove quali quelle di medicinali, sostanze stupefacenti o microrganismi patogeni, o i cosiddetti Inquinanti perenni PFOA, PFNA e PFAS o microplastiche. Questi contenuti vengono tenuti per cosi dire “sotto controllo con campionamenti e metodi analitici tradizionali, soprattutto tramite “limiti di ammissibilità” che in tutta evidenza non escludono possibili pericoli, a prescindere da posizioni semplicistiche o di mera apparenza. Nel Lago di Varese sono presenti solo in minimale quantità ma da monitorare.
E ora tratto dell’altro bacino imbrifero del territorio varesino quello dell’Olona. Purtroppo la sua natura di fiume e quindi con acque in continuo ricambio, ha portato alla scelta – a mio parere improvvida – di realizzare il sistema fognario afferente con condotte miste. Così in caso di precipitazioni il contenuto delle fognature finisce nel fiume, sia pure diluito. Risultato tra l’altro è che praticamente sempre le acque dell’Olona non possono dirsi naturali ma soggette ad un inquinamento più o meno lieve ma in alcuni casi pericoloso, come quello di batteri coliformi. Le acque quindi non possono essere liberamente scolmate sui terreni, ad esempio in caso di piena nei bacini di laminazione, ma restano sempre contaminate. È quello che sta capitando, nelle acque dei grandi fiumi urbani, tipo la Senna o il Tamigi, dove pratiche tradizionali o sportive come il canottaggio e il nuoto sono messe a rischio dalla possibilità di rischi batterici pur in acque formalmente depurate.
Passando ad altro, merita attenzione un altro segmento negletto del ciclo idrico: quello del trattamento depurativo, che appunto viene reso discontinuo dagli afflussi di piena delle acque meteoriche quando non si dispone di reti effettivamente sdoppiate, ma che soprattutto richiede un’azione costante di miglioramento dell’efficacia depurativa, soprattutto batterica e verso le nuove componenti inquinanti moderne. In effetti, soltanto l’adozione della tariffa per il servizio idrico ha consentito di poter avviare una seria azione di potenziamento e rivalutazione operativa dei processi e degli impianti di depurazione, una azione che si spera, con le consuete lentezze ed inefficienze italiche, possa arrivare al tratto ancora più negletto del ciclo dell’acqua, quello del riciclo, cioè pervenire ad una azione depurativa che restituisca acqua sufficientemente depurata da poter anche essere riusata in sicurezza, ad esempio per usi irrigui.
La mia panoramica sulle acque locali ed i loro problemi, soprattutto su quelle meravigliose dei nostri Laghi, vuole essere un richiamo anche alla necessaria serietà ed efficienza del processo di risanamento per il quale l’Associazione che presiedo si impegna da sempre, a favore di tutta la Comunità varesina. L’acquedotto di Varese presenta comunque problematiche derivanti dalla sua lunghezza, non sappiamo cosa il Comune abbia fatto davanti a questa segnalazione di Alfa srl.
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