È arrivato ed è passato in un lampo l’atteso G7 “Made in Italy” che nonostante tante frasi roboanti e l’aggettivo “storico” ovunque abusato (chi si ricorderà più di tanti avvenimenti che ogni giorno vengono definiti così?) alla fine è stato poco più della solita passerella con foto di gruppo.
Dei convenuti, infatti, solo Giorgia Meloni poteva parlare avendo davanti a sé un minimo di prospettive visto che intorno a lei sembrava esserci una compagnia di “combattenti e reduci” con Joe Biden apparso decisamente impacciato e che comunque rischia a breve di essere sbranato da Trump. Accampando stanchezza ed impegni elettorali Biden si è limitato ad una comparsata con toccata e fuga e senza nemmeno andare a cena con Mattarella.
Peggio ancora vanno le cose per Rishi Sunak che è in scadenza come i formaggini: il 4 luglio – mentre Biden festeggerà il suo forse ultimo Independence Day alla Casa Bianca – sa già che gli elettori inglesi lo spediranno a casa complice la discesa in campo dell’euroscettico Nigel Farage che – spaccando i conservatori- riporterà i laburisti a Downing Street.
Segue un velo pietoso su Emmanuel Macron, abbattuto sulla via di Bruxelles e nei guai fino al collo in casa propria. Gaffeur, poco rispettoso verso la padrona di casa, ha esordito subito sull’aborto e sostenendo che “nulla cambia in Europa” quando sa benissimo quanto stia traballando lui stesso all’Eliseo e con le sue politiche europee.
Davanti a lui sedeva Olaf Scholz, pure lui stroncato nelle urne, e che ha portato i socialdemocratici tedeschi ai minimi storici tanto da essere superati ed umiliati perfino dall’AfD. In Germania le cose vanno male e Scholz resiste a fatica per un cancellierato che sta scontentando – secondo le statistiche – quasi due terzi dei tedeschi, che alle “europee” glielo hanno confermato.
A fine corsa anche il premier canadese Justin Trudeau: in Canada le elezioni si terranno solo l’anno prossimo, ma il partito liberale del premier è indietro in tutti i sondaggi nonostante la rincorsa ad accattivarsi le minoranze, i nuovi immigrati, il mondo Lgbt+ e la liberazione anche delle droghe pesanti. Oltretutto a voler ben guardare Trudeau al G7 è diventato un po’ un abusivo: il Canada è stato superato economicamente da più paesi (come il Brasile e l’India) e quindi più che altro la sua è una presenza “ad honorem”.
Infine il giapponese Fumio Kishida con una popolarità fortemente danneggiata dagli scandali nella gestione dei fondi elettorali che hanno coinvolto esponenti di spicco del suo partito liberaldemocratico. A pochi mesi dalle elezioni per la presidenza del partito i problemi interni e i contrasti tra le diverse correnti rischiano di pregiudicare la rielezione di Kishida e, di conseguenza, la sua permanenza alla guida del governo giapponese.
Convitata di ferro restava così solo la sempre sorridente Ursula Von der Leyen alla disperata ricerca di consensi ben sapendo che metà del PPE la vorrebbe pensionare, mentre la presenza di Zelensky è stata da copione visto che all’ordine del giorno c’era la destinazione di un ulteriore pacchetto ai aiuti all’Ucraina prelevandoli almeno ufficialmente i fondi dai profitti dei beni congelati ai russi in diverse parti del mondo.
Anche per questo l’edizione del G7 italiano si è aperta sul mondo con l’arrivo di una ventina di leader mondiali – compreso anche Papa Francesco – a parlare di tutto e di più, dalle guerre all’intelligenza artificiale, dall’economia ai rapporti con l’Africa. Una agenda multilaterale affollatissima (forse fin troppo) chiusa con documenti formali e sorrisi, ma con i leader distratti a pensare ai problemi di casa propria. Alla fine un vertice che verrà ricordato soprattutto per l’accogliente ospitalità e la cucina italiana sulla quale – più che sui problemi – si è concentrata l’attenzione dei media mondiali.
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