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Politica

REALISMO

GIUSEPPE ADAMOLI - 21/06/2024

meloniLa metto in modo semplice: conta di più il Parlamento europeo, appena rieletto, o il Consiglio europeo formato dai capi di Stato e di governo dei 27 Stati dell’Ue? Non è così facile la risposta anche se la mia, come dirò, sarebbe netta.

Il Consiglio Europeo propone il presidente della Commissione (il governo) e il Parlamento lo deve approvare a maggioranza. Poi deve essere nominato il vertice dell’Ue con la presidenza del Parlamento, l’Alto rappresentante per gli Affari esteri, e soprattutto il presidente del Consiglio europeo che ha un compito rilevantissimo.
Tutti gli Stati avranno un incarico in Commissione ma la loro importanza dipenderà sia dalla forza nazionale sia dall’essere, o meno, nella maggioranza politica. L’Italia avrà comunque una delega di peso essendo il terzo Stato dell’Unione.

Chi invoca un’Europa più unita e integrata, come me, vorrebbe più forte il Parlamento per bloccare una, ahimè possibile, regressione verso l’Europa delle nazioni, ma la realtà è molto complessa. Ed è una realtà bene illustrata dal caso Italia.

In questi anni, la maggioranza europea è stata composta dal PPE, prima forza, dai Socialisti e Democratici e dai liberali (fra cui Macron per intenderci). Questa maggioranza ha ancora i numeri per governare nella prossima legislatura: 400 su 720 quando ne servirebbero 361, ma c‘è l’incubo di tanti franchi tiratori nel voto segreto. Con un difficile accordo con i verdi, salirebbero a 453.

Se questo quadro venisse confermato, due dei tre partiti del nostro governo, quelli di Meloni e Salvini sarebbero ancora fuori della maggioranza e quello di Tajani dentro.
Senonché Giorgia Meloni ha giocato un ruolo non secondario in quanto presidente del Consiglio e nel prossimo futuro ne potrebbe avere uno ancora più rilevante data la difficilissima situazione di Francia e Germania, cioè di Macron e Scholz.
Farà parte, Meloni, della maggioranza politica?

L’Economist, qualche giorno prima delle elezioni ha fatto scalpore con una copertina dedicata a tre donne leader: Meloni, Ursula von der Leyen e Le Pen. La tesi del giornale, sempre molto influente, è che sarebbe un gravissimo errore portare tutta la destra in maggioranza (il risultato elettorale comunque non lo richiede) e che, invece, bisognerebbe accogliere la destra moderata e di governo (Meloni), e respingere quella estremista (Le Pen), allo scopo di dividerle nettamente.

Meloni ripete ogni giorno che vuole portare anche nell’UE una maggioranza di destra come quella italiana. Lo afferma solo per guadagnare tempo e intanto tratterà l’appoggio a Ursula von der Leyen su una base tattica, e quale base? L’incontro informale dei leader di lunedì 17 giugno non ha risposto a questo interrogativo.

Da semplice elettore il mio no sarebbe totale e insuperabile se Meloni pensasse di portarsi dietro tutte le destre. E lo sarebbe altrettanto se propendesse ancora per una debole confederazione dove contano principalmente gli Stati nazionali. Ci vuole invece una forte politica comune di sviluppo, un’adeguata protezione sociale, una sola politica estera e di difesa.

Dovesse accettare questo secondo orientamento, allora si, il negoziato potrebbe cominciare e imboccare una strada concreta.

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