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Andateci

QUEL MORAZZONE

SILVANO COLOMBO - 21/06/2024

maddalenaVorrei tornare nella basilica di San Vittore a Varese, per portarvi ad ammirare la cappella della Maddalena, la prima entrando dalla facciata, sulla sinistra.

Vi si trovano due delle opere pittoriche di Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone, di altissima qualità, messe in mostra nel 1611.

Anzitutto la pala d’altare, che fa vedere due angeli di prepotente fisicità che prendono di peso la giovane penitente e la portano in cielo: l’assunzione della Maddalena.

Incombe una pesantissima nuvolaglia che va di traverso, come se improvvisamente fosse calata dall’alto e desse corpo sodo ad un riparo ai piedi di un anfratto.

Essa viene perforata da vividissima luce che da sopra manda giù due angiolotti volanti a braccia aperte, pronti ad accogliere questa terrena, carnale assunzione.

Maddalena, infatti, che dovrebbe esser emaciata e penitente, messa in disparte dal mondo per meditare sulla croce e sul teschio, è floridissima giovane che mette in mostra un busto procace, che la lunga chioma dei capelli non riesce a coprire.

Forse qualcuno dei miei lettori ricorda la Maddalena penitente, scultura lignea di Donatello. Un altro miracolo dell’arte, che ci fa incontrare una donna che viene incontro a noi con piedi malfermi, in un corpo ridotto a pelle ed ossa.

Morazzone la vede del tutto diversa e c’è da chiedersi, del tutto a proposito, chi possa averlo autorizzato ad osare tanto. Vero è, però, che il messaggio che ne esce è quello che la misericordia di Dio ha braccia larghissime.

L’angelo di sinistra infila il muscoloso braccio sotto le gambe della donna, e ne sposta la veste che si increspa per la mossa. All’ imprevista, improvvisa azione dell’angelo Maddalena corrisponde puntando decisamente l’alluce del piede destro sul terreno (Morazzone ha visto il Mosè di Michelangelo a Roma?); lascia che la forte schiena dell’angelo s’insinui sotto il suo braccio destro, piantando su di essa il gomito per fare forza ed aiutare la salita. La mano destra si allunga dolcemente assecondando la volontà divina che viene dall’alto dove lei punta il volto che mostra occhi estasiati ed una bocca spirante.

La diagonale avviata dal braccio sinistro si conclude con la mano che sembra tastare il sasso sul quale poggia inclinato il crocifisso e più indietro, ma per noi in primo piano, occhieggia tremendamente vuoto il teschio.

S’indovina che in quel campo abbreviato l’altro angelo dà una mano al suo consorte ed è già pronto a sollevare il peso sforzando il torso ed il volto verso l’alto, mentre il suo braccio destro si carica per assolvere la fatica ed è straordinariamente efficace il contrappunto del suo muscoloso che continua in quello delicatamente femmineo della Santa.

Morazzone è straordinariamente convincente nell’incastrare felicemente questi tre corpi come, con più vigoroso impatto, si vede nella tela della lotta di Giacobbe con l’angelo.

Poi, la predella della pala, cioè quella tavoletta lunga e stretta che sta al piede, e che dimostra l’episodio di Gesù che, appena risorto, incontra la Maddalena. Lei non lo riconosce prendendolo per il custode dell’orto. È il motivo per il quale l’episodio passa anche come il Cristo ortolano, per non dire del Noli me tangere, che oggi si intende non come Non toccarmi ma come Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre... (Giovanni, 20,11-18).

La predella della Maddalena (Dal Catalogo generale dei Beni Culturali)

La predella della Maddalena (Dal Catalogo generale dei Beni Culturali)

La straordinaria felicità poetica del Morazzone si dimostra nella composizione dell’incontro ritmato in tre momenti. Da sinistra, la cupa massa ombrosa che allude al sepolcro dal quale è uscito Gesù, di una raffinata sensibilità pittorica dovuta alla padronanza della tavolozza che sfuma quel tratto di natura come se avesse visto e capito la pittura veneta di Giorgione; al centro, il corpo di Maddalena che si protende senza sforzo verso il Maestro, sospinta a Lui dalla luce che entra in campo da sinistra. Cristo, una statua ellenistica rivestita di un mantello amplissimo, incurva uno splendido torso sul quale la testa vien fatta risaltare nell’ombra del cappellaccio da giardino, con dietro la vanga lucente come di un arnese che si usa giornalmente e si ripulisce alla fine del lavoro. Una zona d’ombra triangolare declina verso la destra e stacca dal primissimo piano, dove sono arbusti bassi, dalla foglie che tendono a rinsecchire, a quello di fondo, azzurrato di montagne e di un borgo isolato su di un cocuzzolo, probabilmente una veduta delle nostre terre perché il Morazzone vi ambienta l’episodio evangelico come convalida della sua ripetibile esperienza.

La spalla di destra è una magica immagine del fogliame di un bosco dei nostri, con le foglie che stanno rinsecchendo e che, se cadono, scrocchiano sotto il piede.

Vi è una sensibilità per la pittura della natura che Claude Lorrain avrebbe scoperto e reso poco più avanti, ma che a noi segnala la raffinata pittura del Morazzone, un occhio modernissimo col quale guardare episodi della storia sacra.

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