«Signor Canesi, quanto vale una vita in cui la grande passione di un uomo diventa anche il suo lavoro?».
Alcune domande le suggerisce il cuore, è evidente. Il problema, però, che non sai mai se arriveranno a cogliere nel segno, perché a conti fatti il cuore è il tuo, e quello degli altri resta perlopiù un mistero inviolabile.
Ciò non accade sempre, per fortuna: a suggerirlo – nel caso di specie – è un sorriso quasi riconoscente che si apre pieno davanti all’interrogativo: «Vale tanto, vale la felicità. Pensi che io sono sposato da quasi 40 anni e non ho mai litigato con mia moglie… Sa perché? Perché ogni giorno torno a casa felice…».
Varese, via Walder, una di quelle in cui passi spesso e non ti fermi, quasi mai. Un peccato: la felicità di cui scriviamo nasce qui, all’interno dell’unica libreria antiquaria che la Città Giardino possa vantare. Il suo dominus, il suo creatore, il suo abitante naturale, l’uomo giusto che il destino ha messo al posto giusto è Roberto Canesi, un pavese che l’amore per la donna che sarebbe poi diventata sua consorte ha messo in viaggio verso il nordovest lombardo, dove infine ha messo radici ed edificato il suo piccolo, grande scrigno.
Il termine è l’unico adatto, se è vero com’è vero che i libri sono le guide libere su cui scorrono e crescono le anime. In questo negozio soppalcato ce ne sono almeno 3000 e rappresentano nemmeno il 10% di un patrimonio personale che arriva a 40 mila volumi, di cui 20 mila già catalogati e messi in rete. Tutti antichi, tutti comperati e ancor prima scovati con il fiuto dell’esperienza, della curiosità e del sapere, all’interno di case abitate da proprietari inconsapevoli di avere per le mani veri e propri tesori: un “dramma” per l’universo, una fortuna per Canesi.
«A Varese ho aperto nel 1984, prima in piazza Ragazzi del ’99, poi qui - ci spiega nell’incipit di una chiacchierata durata due ore e che meriterebbe appunto… un libro, non solo un breve articolo – Ma la libreria Canesi esiste dal 1969: i primi 25 anni sono stati nella mia città, Pavia: comprai il negozio da un antiquario, mura comprese, buttandomi in questa attività con 300 mila lire di caparra e andando a cercare il resto dei soldi nelle banche. Sa, io sono un geometra, ma non ho mai fatto un giorno da geometra: ho scelto di fare il libraio e lo rifarei in altre cento esistenze».
Galeotto fu il maestro elementare, che insegnò al signor Roberto la cucitura dei libri: ago e filo ed ecco che il tempo, la storia e la cultura trovano un domani, portandosi dietro il loro profumo. Lo stesso che Canesi sentì provenire da una bancarella all’età di 12 anni: «Fu il mio primo libro antico. Era un volume che trattava delle nozze pavesi di Isabella D’Este, promessa sposa di Francesco II Gonzaga: in quelle pagine veniva descritto nel dettaglio il suo arrivo da Ferrera con il bucintoro e il suo tragitto fino a Strada Nuova, verso la chiesa di San Bartolomeo, davanti alla quale secoli dopo ci sarebbe stata la mia prima libreria. Un particolare mi è rimasto impresso del racconto: le donne della città avevano steso le loro lenzuola lungo le vie per evitare che la nobile fosse disturbata dal sole…».
Due indizi – ma il loro contributo lo hanno dato, pare, anche i geni: «Il mio bisnonno, affittuario dei marchesi Landi di Piacenza, era un collezionista di libri» - di quella che è diventata una ragione di vita e un vanto: «Il libro più raro? Un volume del 1974, tra i primi a essere stampati a Varese. Il più antico? Anno, 1497, tratta di medicina». La verità è che qui in via Walder non sai proprio dove girarti tanti sono gli stimoli visivi: sugli scaffali la storia locale la fa da padrone e tra le curiosità si possono annoverare preziosissimi report medici, manuali della massoneria e un’edizione dei Promessi Sposi illustrata Treccani del 1827.
Per chi entra nella sua libreria, Roberto Canesi è un provvidenziale Virgilio: «Chiedo sempre l’argomento di maggior interesse e, se si tratta di un regalo, cerco di tracciare l’identikit del destinatario. Sì, fortunatamente si usa ancora regalare un libro antico… Il prezzo? Dipende dal costo che ho sostenuto all’acquisto, ovviamente, ma anche dalla rarità del volume…».
E i clienti? «Ce ne sono di tutti i tipi… Il mio unico rammarico sono i giovani, se ne vedono troppo pochi». In generale, tuttavia, Varese fortunatamente non sfigura, nemmeno al confronto con una città che può vantare un’università fondata nel 1300: «Sì, anche qui c’è un fermento culturale che cova sotto la cenere. Mi viene in mente cosa mi disse Dante Isella, mio cliente già a Pavia, quando gli rivelai che avrei aperto a Varese: “O Signur… a Varese una libreria come la tua non c’è mai stata… Ma tu sai colloquiare bene, ce la farai…”. Tornò a trovarmi, e fu contento di vedere che ce l’avevo fatta davvero. Invece un giorno Piero Chiara mi diede questo consiglio: “Lo sai cosa devi fare per entrare nel cuore dei varesini? Farti vedere tutti i giorni in banca, così capiscono che hai i…dané…”. Io gli risposi: “Dutur… ma io in banca non ci vado mai… Quando ho da parte desmila franc mi compro qualche altro libro…».
Quanto è bello navigare, con Roberto saldo al timone, queste onde di passione, di vita vissuta, di sapere fragrante. E quanto è bello farlo accompagnati dal buonumore di un uomo che davvero ha trovato e bevuto l’elisir della gioia. C’è solo un argomento che lo fa increspare: «Fino al 2013 abbiamo potuto allestire il “tendone” dei libri in piazza Monte Grappa, ogni anno: l’iniziativa nacque con il Premio Chiara, poi si chiamò “Amor di Libro”. Era bello, stimolante, venivano gli autori: ce ne occupavamo io e il Veroni, poi tutto si è interrotto. La cosa mi dà molto fastidio: il Comune non ci ha più dato una mano…».
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