Marte e il suo Gale Crater, la Terra, il manganese. Sono questi gli ingredienti da miscelare per bene per affrontare un tema intrigante. Il punto di partenza? Un articolo scientifico intitolato ”Manganese-Rich Sandstones as an Indicator of Ancient Oxic Lake Water Conditions in Gale Crater, Mars”, pubblicato sulla rivista “Journal of Geophysical Research: Planets” e ripreso da Nicoletta Fersini nella sezione “Tecnologia” del sito Libero.it. Una squadra di ricerca, che ha sfruttato la ChemCam (Chemistry and Camera Complex) del rover Curiosity della Nasa, ha fatto di recente una scoperta rivoluzionaria. Ovvero: sembra che nelle rocce del fondale del lago all’interno del cratere Gale si siano quantità di manganese più elevate del solito. Ciò significa che i sedimenti dell’antico Marte originariamente si sono formati in un fiume, nel delta o vicino alla costa del lago una volta presente sul Pianeta Rosso. Ecco così il chiaro punto di contatto con la Terra.
Il professor Patrick Gasda del Los Alamos National Laboratory e i colleghi del team di ricerca hanno cercato di capire come mai le rocce sedimentarie sul fondo di Gale si siano arricchite di manganese in una così alta concentrazione e soprattutto quale ossidante sia stato responsabile del processo. Gasda sostiene che «sulla Terra i depositi di manganese si formano grazie all’alto contenuto di ossigeno presente nell’atmosfera, scenario che spesso viene accelerato dalla presenza di microbi che, a loro volta, si servono dell’ossidazione del manganese per il proprio metabolismo». Questo metallo presente in grande quantità potrebbe inoltre suggerire che sia stato un’importante fonte di energia per la vita sul Pianeta Rosso dell’epoca.
Aggiunge il ricercatore: «È difficile che l’ossido di manganese si formi sulla superficie di Marte, quindi non ci aspettavamo di trovarlo in quantità così massicce in un deposito costiero. Sulla Terra questi tipi di accumuli si verificano continuamente a causa dell’alto contenuto di ossigeno nella nostra atmosfera, prodotto dalla vita fotosintetica e dai microbi che aiutano a catalizzare le reazioni di ossidazione del manganese. Su Marte non abbiamo per ora prove certe dell’esistenza di vita e il meccanismo per produrre ossigeno nell’antica atmosfera marziana non è chiaro. Quindi il modo in cui l’ossido di manganese si è formato e concentrato in quella zona è sconcertante. Questi risultati indicano processi più ampi che si verificano nell’atmosfera marziana o nelle acque superficiali e provano che è necessario approfondire la comprensione dell’ossidazione su Marte».
La scoperta, dicevamo, è stata possibile tramite i rilevamenti di Curiosity. Risalgono al 2017 e hanno documentato che le rocce sedimentarie nel cratere del lago Gale sono un mix di sabbie, limi e fanghi. Nello specifico, le rocce sabbiose sono più porose, così da facilitare il passaggio delle acque sotterranee. Il gruppo di ricercatori ha cercato di comprendere come il manganese si sarebbe arricchito in queste sabbie, tenendo conto dei processi che normalmente si verificano sulla Terra. Potrebbero allora esserci similitudini ancora più accentuate tra l’antico Marte – che non manca ogni giorno di riservare sorprese – e il nostro pianeta. Ecco la conclusione di Nina Lanza, principale addetta alla ChamCam: «L’ambiente del lago Gale, come rivelato da queste antiche rocce, offre una finestra su un ambiente abitabile che sembra sorprendentemente simile ai luoghi sulla Terra di oggi. I minerali di manganese sono comuni nelle acque poco profonde che si trovano sulle rive dei laghi terrestri ed è straordinario trovare caratteristiche così riconoscibili sull’antico Marte».
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