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Apologie Paradossali

PELLEGRINAGGIO

COSTANTE PORTATADINO - 14/06/2024

europa(S) L’esito delle elezioni europee non mi piace per niente. Come sempre sono in troppi a dire: “ho vinto” e quelli che hanno perso ne danno la colpa agli elettori, al destino, ai ‘poteri forti’ invece che a se stessi. Se guardo poi al complesso orizzonte europeo, sono ancora meno contento, anche perché ci capisco poco. Avrei voluto affermazioni chiare della volontà di rafforzare l’identità europea, vedo invece molte fughe verso interessi nazionali, e sottolineo interessi, non identità.

(O) Anch’io sono scontento, ma per ragioni in parte opposte alle tue, vedo che gli elettori europei non guardano al futuro, non capiscono che è necessario accelerare il processo d’unione, anche rinunciando al tema dell’identità, ma attrezzandosi per rispondere in proprio alla sfida mondiale portata dalla Cina, al dramma delle guerre locali, che così locali non sono. Vorrei anche che il contributo morale e politico dell’Italia potesse essere maggiormente riconosciuto. Basteranno i nostri successi ai campionati di Atletica o saremo costretti a rivincere quelli di Calcio per farci apprezzare?

(S) Tamberi o Ancelotti commissario UE!

(C) Non mi posso dire scontento del risultato elettorale, perché me ne importava poco. M’importa invece molto la crisi culturale (lo so, è un pezzo che ve ne parlo, cercate di non annoiarvi). I timori apparentemente opposti che paventate hanno una comune radice: l’annebbiarsi della coscienza di un destino comune dei vari popoli e Stati che compongono il mosaico europeo. Cerco di spiegarmi con un paradosso: questo destino comune non è mai stato messo in discussione, nonostante i grandi conflitti che si sono susseguiti dalla fine dell’impero romano alla seconda guerra mondiale. Guerre per l’egemonia, per il potere militare ed economico, persino con componenti religiose, ma in fondo senza negare la legittimità dell’esistenza dell’avversario. Questo è invece il grande cambiamento, la grande svolta che insorge con l’avvento del nazismo: la lotta diventa mortale, può finire solo con l’annientamento dell’avversario. Anche dopo la fine della guerra, questo cambiamento epocale rimane, malgrado il rovesciamento delle alleanze, segue la guerra fredda, la cortina di ferro, l’equilibrio nucleare, detto anche del terrore.

(O) Rimpiangi quella situazione di divisione, a suo modo tragica?

(C) Certamente no. Ma per una ragione diversa, occorre riportarla alla memoria: anche sotto il tallone sovietico e marx-leninista, la vita culturale e spirituale dell’Europa continuava a fluire. C’era il dissenso russo, Siniavski e Solgenitsin, Havel e la primavera di Praga, Solidarnosc e venne Woytila… E nella nostra parte dell’Europa il totalitarismo di destra appariva una nostalgica anticaglia. Il Concilio vaticano II aveva ridato vigore alla Chiesa Cattolica. Abbiamo vissuto decenni di molte speranze e anche di numerose certezze. All’inizio degli anni ’80 un piccolo gruppo di persone attive nel sociale e nella politica pensò che quest’anima europea che sopravviveva nonostante la divisione in due blocchi dovesse essere rinvigorita e resa presente al grande pubblico e organizzò un PELLEGRINAGGIO ALLE RADICI DELL’EUROPA, su due itinerari, uno diretto verso ovest e uno verso est, anche oltre la ‘cortina di ferro’.

Ecco, nella situazione attuale, dopo che siamo passati attraverso due altre svolte, contrarie, quella del 1989 e quella attuale della guerra in Ucraina, bisogna riprendere e sviluppare quell’idea, farla crescere da simbolo a realtà di popolo. L’occasione è quella del prossimo Giubileo, “Peregrinantes in spem”. Come Roma anche le cattedrali e i centri monastici che nell’alto medioevo hanno marcato il territorio e le coscienze popolari ancora informi, (e insieme ad esse oserei proporre i luoghi simbolo delle realtà religiose ortodosse e riformate) potrebbero diventare i catalizzatori di un nuovo pellegrinaggio alla ricerca di una nuova speranza, così ‘ecumenica’ da poter includere anche il mondo laico.

(O) Non intendi rivendicare le famose “radici giudaico-cristiane”?

(C) Sì, anche ma non solo: basta leggere su un giornale laico come il Corriere di lunedì 10.6 l’articolo di Carandini. Le radici sono ciò che tiene l’albero ancorato alla terra, ma soprattutto ciò che lo fa crescere. Le società però crescono non in modo sempre lineare, ma, come abbiamo detto, a causa di svolte. Secondo l’archeologo Carandini, il riconoscimento del sacro, con l’introduzione del tempio greco costituisce una svolta nella costituzione della città mediterranea, rende riconoscibile un orizzonte di valori preesistente. Oggi occorre una svolta che consenta di moderare l’ingordigia della tecnica: “Ma torniamo all’Europa. Quale è la rappresentazione sintetica che possa unirci nella diversità, emozionandoci? In cosa potrebbe consistere, oggi, l’amalgama di cultura e civilizzazione di Mann? In una morale dell’intenzione e della responsabilità estesa al pianeta, in una resistenza alla tirannia della tecnica che vuole tutto sotto a sé, in una difesa del nostro continente non più delegabile, in un riequilibrio tra cultura scientifica e umanistica partendo da una promozione dell’educazione sempre più decaduta …Sì alle macchine sempre più intelligenti, ma anche a ciò di cui sono prive: l’animalità prodigiosa raggiunta dalla natura per noi, scimmie emozionate, consapevoli, eloquenti e morali. Un umanesimo post-moderno potrebbe essere il modo per restaurare l’interiorità e la morale anche in relazione al pianeta, rovinato quanto noi da una tecnica troppo gelidamente arrogante. Il timore della morte continuerà ad accendere una cupidigia di vita infinita che schiavizza, se Socrate non tempererà il Prometeo scatenato”.

(S) Ma questo tema della SVOLTA non lo puoi liquidare così, impegnati per la prossima apologia.

(S) Sebastiano Conformi (O) Onirio Desti (C) Costante

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