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Andateci

FASCINOSO EX CONVENTO

SILVANO COLOMBO - 14/06/2024

s-antoninOggi restiamo a Varese e andiamo a piedi al convento di Sant’Antonino. Meglio: all’ex convento. Lo troviamo in fondo al corso maggiore, detto Matteotti, a salire da piazza Porcari- oggi Monte Grappa.

Prima di arrivare sulla piazza di Sant’Antonino-oggi Carducci, l’impianto imponente del convento delle Benedettine di Sant’Antonino è qui, sulla sinistra, dove oggi si entra per un androne che lascia vedere una aiuola colorita da azalee; si affaccia sulla piazza e sale per via Broggi fino alle Cinque Strade, dove d’angolo è il Ristorante Bologna; piega, a sinistra, per via Veratti e si completa negli edifici tuttora al rustico, per essere ripristinati chissà quando. Le finestre svuotate lanciano segnali inascoltati.

Un convento è una fabbrica organizzata secondo stringenti dettami canonici.

Ci devono essere i servizi essenziali, cioè: la chiesa, e se si tratta di un convento di monache di clausura, come le nostre, la chiesa doveva essere divisa in due corpi. Quello riservato esclusivamente alle monache era servito da un passaggio attraverso il chiostro; l’altro, per il culto pubblico, era servito da un portone aperto sulla piazza.

Il volume della chiesa lo si apprezza tutt’oggi in quel ben distinto edificio servito da botteghe ed uffici ed appartamenti che il signor Pietro Veratti acquisì a livello perpetuo nel 1789, dopo che in quell’anno Giuseppe II aveva ordinato la soppressione del Monastero (eravamo sotto gli Austriaci, dopo Maria Teresa) e mise a reddito cancellando completamente la presenza delle Benedettine.

L’ing. Giuseppe Gaeta, Collegiato di Milano, eseguì i rilievi del complesso per servire alla bisogna, ed è grazie al suo tipo, riprodotto e messo in mostra nella portineria dello stabile, che possiamo ripristinare l’entità del Monastero.

Per ricerche condotte da me nei tempi lontani della gioventù, e pubblicate sul Calendario della Famiglia Bosina per il 1965, sappiamo che la costruzione del complesso rimonta agli anni 1571-1606. Vi pose mano il Mancino, cioè Giuseppe Bernascone, ingegnere ed architetto della Fabbrica delle Cappelle del Rosario, al Sacro Monte sopra Varese, che realizzò un arioso chiostro a pianta rettangolare, con il porticato di colonne abbinate, connesse da un arco a pieno centro, di sostegno del primo piano servito da celle per le monache cui si accedeva per diverse salite.

Sala Veratti, ex refettorio del convento S, Antonino

Sala Veratti, ex refettorio del convento S, Antonino

Poi il Refettorio, che fu allestito dalla parte opposta della chiesa, nell’angolo di destra del loggiato. Vi si accedeva attraverso un portichetto per entrare nella sala-refettorio che oggi è il Salone Veratti. Cioè: noi entriamo nel Salone Emilio Veratti, da via Veratti per le varie esposizione d’arte organizzate, mentre questo ingresso non esisteva e ciò ben a ragione perché il Refettorio era a servizio della comunità benedettina ed in quel tratto di terreno scorreva il torrente Vellone.

Lo stravolgimento, che non è il solo intervenuto, ha fatto sì che l’ingresso originale venisse malformato ed accecato; venisse sfondata una parete affrescata per dare luce sulla via Veratti e ciò senza colpo ferire se non nel corpo della memoria storica.

Lo stravolgimento maggiore è quello che oggi ci consente di entrare nel cortile ex-chiostro, da corso Matteotti, attraverso un androne che è stato aperto in corrispondenza di dove le due aule della chiesa erano tangenti. Tutto l’apparato decorativo delle due chiese è andato a farsi benedire il che, trattandosi di benedettine, è quanto mai conseguente e pertinente.

Infine, il cimitero delle monache, che era allestito sotto la chiesa interna, in un sotterraneo che non riesco ad immaginare che cosa sia diventato nei tempi intercorsi. Una prece è l’unico modo per chiudere questa missione nel borgo di Varese.

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