Signor Presidente Giorgia Meloni,
Credo che si debba guardare con grande preoccupazione all’eventualità che l’Ucraina possa usare armi fornitegli dalla Nato, o da suoi singoli Paesi membri, per colpire in territorio russo basi di partenza di missili e droni diretti contro il suo territorio; oppure aerei di Mosca che poi, volando sui cieli della Russia, lanciano missili verso il territorio ucraino. È un ulteriore passo avanti verso una guerra diretta tra Nato e Russia che nessuno auspica, ma verso cui finora la forza delle cose continua a spingere.
D’altro canto c’è un solo modo per sfuggire a questo pericolo: fermare la guerra. E non c’è adesso nessuno in Occidente che lo tenti tenacemente e sinceramente. In questa prospettiva sarebbe bene non dimenticare che, al fondo e al di là delle cause immediate, all’origine dell’attacco di Putin all’Ucraina, c’è l’avanzata della Nato verso est e quindi la questione dello spazio che in sede internazionale l’Occidente intende riconoscere alla Russia post-sovietica, la quale con la fine dell’URSS si è lasciata alle spalle il socialismo reale, ma ha perso di colpo il rango di superpotenza e tutto l’ impero ereditato dalla Russia zarista.
Signor Presidente,
tenuto conto che ad ogni modo l’Italia non è in guerra contro la Russia, non potrebbe lei, rompendo il muro dell’attuale incomunicabilità tra Occidente e Putin, recarsi a Mosca a parlargli e chiedergli direttamente se in cambio di una neutralizzazione internazionalmente garantita dell’Ucraina e quindi di un suo non ingresso nella Nato, ed anche eventualmente di un suo non ingresso nell’Unione Europea, accetterebbe di sospendere la guerra contro l’Ucraina? E se in cambio di un riconoscimento della sua annessione della Crimea, che storicamente è russa, accetterebbe che il Donbass restasse ucraino con uno statuto speciale simile al nostro Alto Adige / SüdTirol?
Come fu la Finlandia durante la Guerra fredda, un’Ucraina neutrale sarebbe di vantaggio per tutti, Ucraina compresa.
Sia la Russia che l’Ucraina sono due Paesi in declino demografico netto cui la guerra in corso costa non soltanto ingenti risorse economiche (nel caso dell’Ucraina non soltanto sue ma anche e ormai per lo più nostre) e gigantesche distruzioni, ma anche il sacrificio della vita di migliaia di giovani uomini. È un’ecatombe che in entrambi i Paesi causerà un ulteriore aumento del declino demografico e quindi un ulteriore vuoto non rimediabile. È impossibile che sia Putin che Zelensky, anche se non lo dicono, non se ne rendano ben conto.
Ciò è particolarmente grave per Putin il cui problema politico più serio oggi non è in effetti il braccio di ferro con l’Occidente ma il confronto con la Cina in Estremo Oriente. Qui il crollo demografico della Siberia e dell’Estremo Oriente russo, dove negli ultimi vent’anni i già pochi abitanti sono diminuiti rispettivamente del 7 e del 10,4 per cento, rischia di rendere praticamente impossibile il mantenimento della sovranità russa su quei territori. Dalle regioni cinesi che confinano con l’Estremo Oriente russo (lo Heilongjiang, la Mongolia interna e lo Jilin, che hanno rispettivamente 37.5, 25.5 e 27 milioni di abitanti), filtrano sempre più migranti che in modo più o meno regolare riempiono spazi vuoti lasciati dai russi. È un fenomeno che la Russia – che in vent’anni ha perso l’1 per cento dei suoi abitanti, oltre un milione e mezzo di persone, nonostante i tre milioni aggiunti con l’annessione della Crimea nel 2014 – già adesso non riesce ad arginare e che in prospettiva porterà con sé grosse frizioni con la Cina. Quella tra Russia e Cina non può perciò che essere un’alleanza fragile e temporanea.
Più la guerra dura e più il dopoguerra sarà lungo e difficile per entrambi i belligeranti, e relativamente anche per noi occidentali che finanziamo una delle due parti. Putin, che si amava pensare esaurisse le proprie risorse in poco tempo, sta dimostrando una grande capacità di resistenza, ma per questo sta impegnando al massimo nella guerra in corso le risorse della Russia, bruciando capitali che gli sarebbero serviti per lo sviluppo del Paese. La fine della guerra conviene molto anche a lui.
Signor Presidente, capisco di proporle un gesto audace e inatteso del quale però ritengo lei sia all’altezza.
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