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Editoriale

EVVIVA

MASSIMO LODI - 07/06/2024

marottaOrgoglio local, una volta tanto. C’è anche il marchio dello storico liceo classico Cairoli di Varese nel nuovo presidente dell’Inter. Beppe Marotta si diplomò nell’estate ’76. Compagni della maturità: Arioli, Bertoni, Biasci, Boga, Brenna, Clerici, Colombo, Corigliano, Ennorri, Gallotti, Gerosa, Gorla, Greco, Isella, Marocco, Massari, Nocera, Piatta, Piazza, Ungaro, Zighetti. Quasi un elenco di convocati. O di promesse d’un vivaio calcistico. O di formazione allargata (titolari e riserve? Ma no, tutti titolari) d’un club come la Juve o l’Inter. La Juve, l’Inter e il Cairoli: con un po’ di retorica, che tris vincente.

Marotta, nato il 5 marzo ’57, è varesino di Avigno. Reca con sé un mix d’allegria sudista e sobrietà lombarda. D’ottimismo e umiltà. Di passione per la scrittura (si cimentò anche come giornalista, in illo tempore). Nei ritorni a casa, fa sosta dai vecchi amici del posto, negozianti compresi, e macellaio soprattutto. Chiacchiera di calcio come faceva da ragazzo e come ha continuato a fare poi, entrato nei ranghi del Varese e successivamente in quelli d’un gran numero di club, dal Como al Ravenna, dal Venezia, all’Atalanta, alla Sampdoria fino al top torinese-meneghino.

Cominciò diciannovenne l’avventura biancorossa, dirigente del settore giovanile, dopo che già da tempo frequentava lo stadio, disponibile a ogni piccola incombenza che gli permettesse di respirare la vita della società. Nell’estate del 2010, chiamato da Andrea Agnelli a rilanciare la Juve, portò la squadra in ritiro al Palace Hotel di Colle Campigli. Qui raccontò dell’emozione provata in quel suo primo riapparire a Varese nella veste di prestigioso manager sabaudo. <Penso a tante esperienze lontane, penso a tanti amici, penso a tante gioie e a tante difficoltà. Penso anche al destino, che a volte manifesta le sue intenzioni senza volerlo dare a intendere>. Si riferiva a una curiosità singolare: lì, sotto al Colle Campigli, nel cimitero di Casbeno, riposa sua padre, nella tomba accanto a quella di Piero Magni. Magni, lo juventino da leggenda che vestì tutte e undici le maglie bianconere e fu consigliere prezioso di Beppe che s’iniziava al calcio. Quando si dicono le coincidenze misteriose, i segni fatali, le profezie silenti.

Che futuro lo aspettava, alla Juve? Un futuro scomodo, disse Marotta. Da affrontare in un solo modo: con la cultura del lavoro. È stato di parola. Come poi all’Inter. Impegno intenso, perfezionistico, quasi maniacale. Svolto nel segno della competenza: ciascuno al suo posto.

Che timbro ha impresso Marotta alla Juve prima e all’Inter poi? Il timbro dell’operaismo provinciale. Spieghiamo: operaismo perché tutti concorrono, ciascuno secondo il suo talento e nessuno risparmiandosi in spirito di servizio, alla causa collettiva. Provinciale perché la provincia è un serbatoio di virtù positive: la semplicità e la dedizione, la tenacia e l’intuito, il pragmatismo e l’astuzia. L’oro di Marotta -titolo d’un famoso romanzo dello scrittore omonimo del dirigente calcistico- è in fondo anche l’oro di Varese. Evviva. Ciscuno ha il suo tesoro: il Real Mbappé. Noi Mbeppé.

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