Mi pongo una domanda: quanto la generazione dei baby boomers, che è anche la mia, è disposta ad accettare il passaggio di consegne ai più giovani?
Vediamo che il gap tra le ultime generazioni e quelle degli anziani è molto ampio. Al contrario della scarsità di spazio necessario per consentire l’ingresso delle nuove leve nei diversi ambiti sociali e politici.
Ciò accade mentre si afferma che i giovani sono preparati e scolarizzati, insostituibili nell’uso delle più recenti tecnologie e nella conoscenza di strumenti avanzati nel campo della comunicazione.
Il più penalizzato per i giovani è l’ambito politico dove prevalgono adulti maturi e anziani poco inclini a cedere loro il passo e restii a includerli a pieno titolo nei luoghi del potere.
In controtendenza si muove la Francia che conta un premier under quaranta e un presidente della Repubblica di poco maggiore, a fronte della quantità di politici e grandi manager italiani over 65 che mantengono posti di prestigio oltre l’età della pensione.
I dati annuali dell’ISTAT e le inchieste sul mondo giovanile sottolineano la tendenza a mantenere in stand by troppi giovani.
Non ci si stupisca se nelle interviste dichiarano scarsa disponibilità a concedere fiducia a istituzioni e partiti politici, affermando che la stessa politica è dedita più all’aumento e alla conservazione del potere e dei privilegi ottenuti che alla soluzione dei problemi del Paese.
La generazione dei boomers rivendica nei fatti il valore e il peso dell’esperienza maturata nel corso di anni, quando non di decenni, di presenza continuativa nelle istituzioni.
Purtroppo in questo panorama non si vedono grandi opportunità per lo scambio tra generazioni, né per una cooperazione in itinere e neppure per un affiancamento lavorativo tra età così distanti tra loro.
Forse gli anziani sono preoccupati per la diversità d’approccio ai problemi, per le prevedibili spinte al cambiamento e soprattutto per la richiesta di progetti di lungo respiro per un tempo futuro su cui non si vogliono investire eccessive risorse.
I boomers sembrano affetti da una sorta di conservatorismo culturale che affiora anche nei discorsi di pensionati acculturati e politicizzati, portatori inconsapevoli di qualche pregiudizio: i giovani non sanno fare politica in senso ampio, manifestano una visione del mondo settoriale, intervengono su temi singoli, come l’ambiente o i diritti civili o l’immigrazione. Diversamente da loro che sapevano accostarsi alla politica con un approccio ai problemi di cui si coglieva immediatamente l’interconnessione.
I giovani di cinquant’anni fa sono stati fortunati perché ci sono trovati a vivere in un periodo storico favorevole: un lavoro subito, una propria famiglia presto, un discreto benessere in tempi brevi.
Le generazioni dei millenials e le successive invece non godono degli stessi privilegi perché si trovano immersi in tempi difficili che offrono ridotte prospettive di realizzazione personale.
Ma va riconosciuto che il loro impegno politico o sociale viene svolto con consapevolezza. Quando lottano per l’ambiente, per la giustizia sociale, per la pace, in ognuno di questi ambiti sanno mettere in campo un approccio globale forte di informazioni, di conoscenze e di connessioni con i giovani di altre nazioni.
È ora di agevolare con azioni di forte impatto il passaggio di testimone che consentirà agli anziani e ai vecchi di fare un passo di lato in piena serenità e ai giovani lo spazio per affermare la loro idea di futuro.
You must be logged in to post a comment Login