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Società

CATTOLICI AL VOTO

SERGIO REDAELLI - 31/05/2024

bandieraIl governo va avanti come un panzer nel progetto di cambiare il Paese disarticolandone la struttura con riforme controverse come il premierato e una formula molto migliorabile dell’autonomia differenziata. E a sorpresa la Chiesa si erge a difendere le istituzioni denunciando il rischio di alterare gli equilibri democratici. Non è poco in un Paese come l’Italia dove sette cittadini e mezzo su dieci, grosso modo 45 milioni di persone, si dichiarano cattolici (rapporto Eurispes 2017). Ed è naturale che la Chiesa possa e voglia esercitare un potere di orientamento anche politico.  Dopo il voto europeo dell’8 e 9 giugno, la galassia cattolica moderata e progressista si riunirà dal 3 al 7 luglio a Trieste per la 50° Settimana Sociale dei cattolici italiani.

L’incontro è intitolato “Al Cuore della Democrazia”. I lavori saranno aperti dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e chiusi da papa Francesco e ci saranno tutti, Azione Cattolica e la comunità di Sant’Egidio, Comunione e Liberazione e le Acli, gli scout di Agesci e il Movimento cristiano dei lavoratori, Rinnovamento nello spirito, Movimento politico per l’unità e naturalmente i rappresentanti della Conferenza episcopale italiana presieduta dal cardinale di Bologna Matteo Zuppi. Ci sarà anche l’economista Stefano Zamagni, già presidente della Pontificia Accademia delle Scienze che propone da tempo la nascita di un partito unico dei cattolici, una sorta di nuova Dc, che punti a raccogliere il 20 per cento del voto moderato.

E non mancherà di sicuro Marco Tarquino, l’ex direttore di Avvenire che simboleggia il movimento pacifista ma anche le contraddizioni interne al partito democratico, favorevole all’invio di armi in Ucraina, per il quale si è candidato alle europee. La mobilitazione, infatti, è prima di tutto in nome della pace, tradita e calpestata ai confini ucraini, in Israele e in Palestina. Ma il mondo cattolico che si riconosce nel papa e nella Cei insorge anche contro l’egoismo della destra nazionalista e populista che in Italia respinge i migranti e vorrebbe confinarli in Albania; ed alza la voce per protestare contro l’ipotesi del premierato che altera gli equilibri istituzionali e tocca pericolosamente il funzionamento della democrazia nel nostro Paese.

Le organizzazioni cattoliche che fanno parte di un universo non sempre unito in passato ritrovano una voce comune in questa occasione soprattutto contro il progetto dell’autonomia differenziata che per i vescovi mette a rischio la solidarietà tra nord e sud del Paese a vantaggio delle regioni più ricche; con il rischio di far crescere le disuguaglianze nel campo della tutela della salute e di decretare l’emarginazione dei territori e dei ceti più deboli. Il disegno di legge per l’autonomia differenziata rappresenta la battaglia strategica della Lega di Matteo Salvini per questa legislatura. Il fido ministro per gli affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli, che la firma, risponde alle critiche dei vescovi accusandoli di nutrire un “pregiudizio politico”.

Il progetto, già approvato dal Senato, è attualmente al vaglio della Camera dei deputati ma l’esame slitterà a dopo il voto europeo. Di fronte al muro di duemila emendamenti presentati dall’opposizione, la maggioranza ha infatti ritenuto conveniente rinviarne la discussione. Per i vescovi c’è urgente bisogno di un rinnovato impegno politico dei cattolici nella sfera pubblica per scongiurare il pericolo che la democrazia degeneri in autocrazia. Il presidente Matteo Zuppi non nasconde la preoccupazione: “Perché la riforma sia efficace è indispensabile creare un clima costituente che coinvolga le componenti non solo politiche ma anche culturali e sociali come fu all’origine della Costituzione”.

Per quanto riguarda i sanguinosi teatri di guerra e la possibilità che i conflitti possano addirittura estendersi, il capo dei vescovi italiani vede la speranza della pace sempre presente, anche se a volte è sepolta dall’adrenalina dello scontro. La sua ricetta è chiara: “Per terminare la guerra è necessario negoziare. È necessario risolvere le ragioni, ma non con le armi. Non a caso da questa consapevolezza è nata l’Onu, espressione della seconda parte dell’art.11 della Costituzione italiana. Importante è rifiutare il principio che la guerra sia l’unico modo di risolvere i conflitti”.

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