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Cultura

DISCOTECA DEL CUORE

MARIO CHIODETTI - 24/05/2024

Mamma e papà Bortoluzzi

Mamma e papà Bortoluzzi

Si dice che la composizione di una biblioteca o di una discoteca rifletta profondamente il carattere di una persona, i più intimi desideri, le curiosità e, a volte, perfino le speranze. Mettere assieme centinaia di libri o di dischi presuppone innanzitutto l’avere una variegata cultura, che spazia dalle passioni radicate nell’età più verde a quelle coltivate con l’avanzare degli anni, e magari trasmesse “per contagio” da familiari, amici e conoscenti. I libri e i dischi parlano di noi a volte più di una confessione, rappresentano l’immersione in un mondo che non è più il nostro quotidiano, ma quello in cui ci sarebbe piaciuto vivere, il rifugio dello spirito e spesso anche del corpo, perché l’ascolto della musica libera benefiche endorfine in grado di arrecarci felicità. Lo stesso può fare una piacevole lettura.

A proposito di Stefania Longoni Bortoluzzi, ci piace tratteggiarla attraverso l’“indagine” nella sua discoteca, dapprima costituita da alcuni 78 giri di famiglia, quindi dai moltissimi vinili poi regalati, e in ultimo dalla vasta raccolta di compact disc e dvd perfettamente ordinati negli scaffali del suo buen retiro domestico, con il grande camino a riscaldare anche i cuori.

La discoteca mostra alcuni capisaldi della passione della dottoressa, anestesista per 34 anni all’Ospedale di Circolo di Varese dove il marito Emilio è stato primario della Rianimazione, incisioni leggendarie con interpreti magari non “storicamente informati” come oggi si usa dire per chi esegue musica antica, ma di straordinario carisma e rigore artistico. Ecco Karl Richter con le “Passioni” bachiane, tutta la musica per tastiera del Kantor interpretata da Angela Hewitt, di cui avremo modo più avanti di parlare, il Beethoven delle Sinfonie e dei Concerti, il Mozart pianistico e operistico, le più celebri incisioni di Karajan, ma soprattutto una grande raccolta di lieder, la passione più profonda di Stefania, che conoscendo a perfezione il tedesco, conosceva a memoria i testi dei poeti di Schubert, Schumann, Mendelssohn, Brahms, Wolf, Strauss, e gustava le opere di Richard Wagner in lingua originale.

Stefania era cresciuta ascoltando sua madre cantare il repertorio liederistico, e aveva coltivato il pianoforte fino all’ottavo anno, non si sentiva adatta fino in fondo a intraprendere la carriera concertistica ma la musica era dentro di lei, e rimaneva sempre viva attraverso l’ascolto e la conoscenza con grandi interpreti, inseguiti nelle sale concertistiche di mezza Europa.

Da bambina aveva avuto la fortuna di incontrare Victor De Sabata, una volta ospite nella casa di Milano, e aveva suonato qualcosa al pianoforte per lui, ricevendone complimenti, poi lo aveva sentito dirigere il “Tristano” alla Scala, un’esperienza indimenticabile. Ma il suo idolo tra i direttori era Karajan, su cui aveva letto articoli e biografie, e del quale raccoglieva interi cofanetti con le incisioni beethoveniane e brahmsiane, ma anche delle opere che avevano segnato un’epoca, come la leggendaria “Bohème” con Mirella Freni e Luciano Pavarotti all’apice del loro splendore vocale. Amava vedere e rivedere la magnifica registrazione audio e video della “Nona” di Beethoven con i Berliner Philharmoniker, e ripeteva che nessuno sarebbe più riuscito a eseguirla in quel modo.

Ascoltava con l’orecchio e la sensibilità del musicista, non dell’amatore, coglieva ogni sfumatura della partitura e si divertiva ad accostare diverse esecuzioni dello stesso brano, proprio grazie alla vastità della sua raccolta musicale.

Con l’avanzare dell’età in suoi ascolti si erano fatti più mirati, si accostava a compositori più introspettivi, Bach, l’ultimo Beethoven, Brahms, le Sonate schubertiane della maturità, alcuni lieder di Schumann, ma anche opere liriche, magari meno praticate in gioventù.

Stefania ed Emilio Bortoluzzi sono stati mecenati della musica, e hanno sostenuto fin dall’inizio la Stagione musicale comunale di Varese, diretta dal professor Fabio Sartorelli, musicologo e docente al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano. Stefania Longoni donò tra l’altro un impianto di illuminazione per i concerti, acquistava ogni anno diversi abbonamenti da regalare poi alle persone a lei care, e accoglieva nella grande dimora di Velate diversi musicisti a provare, tra cui Leonidas Kavakos e il pianista Enrico Pace, la violinista Vilde Frang e una giovanissima Beatrice Rana non ancora nota alla ribalta internazionale.

Ora la discoteca che Stefania Longoni ha amorevolmente curato in tanti anni, mettendo nella scelta di autori e interpreti il suo vissuto, fa parte della biblioteca della Fondazione Conservatorio della Svizzera Italiana per rendersi utile a chi la musica la incontra ogni giorno. E scorrendo l’elenco dei titoli, l’anima di colei che diede la sua impronta alla raccolta condividendola con chi amava, si paleserà con forza, come avveniva nella grande sala della villa di Velate, dove la scienza lasciava il posto al colloquio intimo e personale con l’infinito.

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