Al netto delle inaccettabili contestazioni al ministro Roccella, seguite dalla poco comprensibile decisione del Governo di disertare la partecipazione degli altri suoi esponenti all’evento, gli “Stati Generali della Natalità”, svoltisi recentemente a Roma hanno avuto ancora una volta il merito di riaccendere i riflettori su di un tema che non è né di destra né di sinistra, ma di sopravvivenza o meno del nostro Paese così come lo abbiamo conosciuto.
E se da qualche anno – finalmente – la politica aveva “scoperto”, anche se in colpevole ritardo, la questione demografica, decidendo di sposarla come materia di dibattito e di iniziative concrete, la decisione dell’esecutivo Meloni di non rifinanziare il “Family Act” del premier Draghi (se non per la parte relativa all’Assegno Unico) ci riporta ad un Italia eternamente bloccata dalla logica della contrapposizione.
Eppure i dati parlano chiaro: da anni nascono meno di 400 mila bambini, record negativo nel 2023 con 379 mila nati, a fronte di 661 mila decessi. Nel 2050 ci sarà un ragazzo ogni 3 anziani. Gli apporti migratori non saldano il rapporto di sostituzione necessario alla copertura del welfare e intanto cala la qualità della vita come è evidente nel servizio sanitario e scolastico. Per garantire l’equilibrio sociale il tasso di fertilità dovrebbe essere di almeno due figli per donna: in Italia è di 1,2 e l’età media della maternità e’ di 31,6 anni, la più alta in Europa. La Francia, che ha il tasso di fertilità migliore (1,8), offre da tempo agevolazioni fiscali, nidi, tempo pieno scolastico, part-time per entrambi i genitori. La Germania (1,5 figli per donna) supporti economici, congedi retribuiti e nidi garantiti. La Finlandia, ai minimi nel 2019 (1,35 figli per donna), ha invertito la tendenza con voucher baby-sitter, sgravi fiscali, congedi parentali più lunghi e trasferibili da un genitore all’altro.
Come si vede questi Paesi hanno cambiato mentalità di fronte alla crisi, mettendo al centro la cura del bambino e varando aiuti concreti a mamme e papà. Noi ancora no: siamo il paese più vecchio al mondo, preceduti solo dal Giappone.
E a poco sembrano valere gli appelli di Papa Francesco che anche quest’anno ha voluto partecipare di persona agli “Stati Generali”, domandandosi perché: «Nonostante tante parole e tanto impegno, non si arriva a invertire la rotta. Come mai non si riesce a frenare questa emorragia di vita?».
«Qui non si tratta di convincere i giovani o le donne a fare figli - taglia corto l’instancabile promotore dell’iniziativa Gigi Del Palo - e chi ci accusa di questo non ha compreso il lavoro che stiamo facendo. Qui si tratta di mettere i giovani, le donne, le famiglie nelle condizioni di realizzare i loro sogni. Per questo diciamo che la natalità è un tema di libertà. Si tratta di poter decidere liberamente che cosa si vuole fare della propria vita. Chi non vuole un figlio, è libero di non farlo. Chi vuole un figlio, invece, oggi in Italia non è libero di farlo perché avere un figlio è prima causa di povertà. Per questo non abbiamo mai banalizzato la natalità nel “fare figli”, ma insistiamo sulla parola libertà. Non ci interessano i figli per pagare le pensioni. I figli sono desiderio, dono, sono il segnale che un Paese torna a sperare, a desiderare. Noi lavoriamo perché questo desiderio si realizzi».
Anche quest’anno i veri protagonisti all’ Auditorium di via della Conciliazione sono state le centinaia di ragazzi che hanno contribuito a organizzare l’evento, le giovani famiglie che ogni giorno lottano per far quadrare i conti, le mamme acrobate tra maternità e lavoro, i papà chiamati a rinnovarsi nel ruolo, i bambini promesse del futuro. Naturalmente i media hanno parlato, secondo il cinico detto “fa più’ rumore un albero che cade di una foresta che cresce”, solo dei venti, dicasi venti, contestatori dei collettivi Arachne e Artemis. Ma agli “Stati Generali” c’è una foresta che vuol essere messa in condizione di poter crescere.
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