Se proviamo a fermare in questi giorni qualcuno dei nostri concittadini e osiamo chiedergli che effetti ci saranno sulla sua vita quotidiana dopo le elezioni europee e quindi, di conseguenza, come incide l’Europa sul loro vivere, beh… credo che la risposta nel 90% delle volte sarebbe desolante.
«Non saprei, probabilmente nulla», oppure «solo in peggio perché l’Europa è distante ed in mano ai burocrati».
Non che questo ci possa stupire e d’altra parte gli italiani e quindi i varesini sono passati in qualche decennio dall’entusiasmo ad essere annoverati tra i popoli euroscettici.
Ma, ritornando a ciò che accadrà con il voto dell’8 e 9 giugno prossimi per il Parlamento di Strasburgo, vorrei provare a fare qualche riflessione senza cadere nella retorica e senza correre a costruire pensieri “politici” circa gli equilibri, le alleanze o le strategie che riguarderanno la prossima Commissione da insediare a Bruxelles.
Provo a partire portando le lancette della storia un poco indietro così da spiegarmi meglio. L’intuizione del “sogno” europeo è nata appena dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1950 per essere precisi. Questo avvenne perché ci si rese conto che, per evitare nuovi conflitti, occorreva mettere in comune le risorse ed il loro sfruttamento, in particolare il carbone e l’acciaio che per secoli erano state l’origine di ogni scontro bellico nel vecchio continente ed in particolare tra la Francia e la Germania.
Con Schuman, Adenauer e De Gasperi il tema delle risorse da “mettere in comune” assunse un indirizzo politico nuovo e segnò, attraverso i trattati, una novità assoluta per l’Europa. Quello che stiamo vivendo, tuttavia, ora, in questa nostra epoca così complessa sembra però diverso. L’ampliamento rispetto ai Paesi fondatori che ha portato l’Europa ad allargarsi anche ai paesi dell’ex blocco comunista sembrava essere la soluzione ideale e più giusta da perseguire, ma, tuttavia, questa scelta oggi presenta molto incognite.
Una su tutte: i valori europeisti per molti Paesi sono solo un’appendice di un’unica grande idea, il mercato comune in cui esercitare a più non posso il proprio egoismo nazionale.
E, tuttavia, per ritornare alla domanda di fondo e cioè quale ricaduta ha l’Europa sul nostro vivere quotidiano, a me pare che qualche cosa si possa scrivere con assoluta obiettività. Innanzitutto vorrei ricordare che durante la pandemia è accaduto un fatto inedito. Abbiamo rotto il dogma del debito messo in comune e garantito dalla Commissione rispetto alle rigide leggi di bilancio.
Questo ha consentito prima di approvare il piano “Sure” che ha portato il pagamento della cassa integrazione da parte dell’Europa anche ai lavoratori italiani, poi, oggi, il PNRR che ha una quota da non restituire ed un altra a tassi di interesse non di mercato. E infine gli interventi con il cosiddetto “Pilastro dei diritti sociali” che avrà il suo dispiegamento anche nei prossimi anni.
E allora quali ricadute sul vivere quotidiano anche qui a Varese? Pensiamo ai diversi cantieri che riguardano la nostra città e che oggi sono finanziati proprio attraverso il PNRR. Pensiamo però anche ai progetti che annualmente i Servizi Sociali mettono in campo dopo aver vinto i bandi che la Regione fa mettendo risorse “europee”. Ma pensiamo a quello che il “Pilastro” potrà fare nei prossimi anni in maniera strategica su lavoro di cura e il contrasto alla povertà e all’esclusione sociale, su disabilità e housing sociale, così come a protezione dell’infanzia e a sostegno dell’occupazione e nella transizione delle competenze. Tutti temi su cui il “Pilastro” ha elaborato strategie e bozze di interventi.
E pensiamo, non da ultimo, al fatto che dal 2001, con l’Italia nella moneta unica, il nostro debito è stato messo comunque in sicurezza e le persone, salvo questi ultimi due anni, hanno potuto avere tassi di interesse bassi e a buon mercato.
Insomma, certamente, c’è molto da fare per migliore questa Europa, ma con obiettività non possiamo negare il fatto che molte delle decisioni di Bruxelles ci riguardano da vicino. Io penso in meglio, ma magari è solo una mia illusione.
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