“È necessario, quindi, porre attenzione al tanto bene che è presente nel mondo per non cadere nella tentazione di ritenerci sopraffatti dal male e dalla violenza. Ma i segni dei tempi, che racchiudono l’anelito del cuore umano, bisognoso della presenza salvifica di Dio, chiedono di essere trasformati in segni di speranza.”
(C) Ripartiamo da questa citazione del Papa per riprendere la riflessione sull’Anno Santo. Un cambiamento di prospettiva, partire dal bene presente e non guardare, come tutti saremmo tentati, al male di questi anni, malattie, guerre, problemi ambientali, impoverimento globale, inverno demografico, per citare solo quelli su cui sarebbero d’accordo anche i non cristiani.
(S) Beh, io oso anche citare quelli che sembrano essere riconosciuti come tali solo dai cristiani, mentre la maggioranza degli agnostici li chiama addirittura DIRITTI: ABORTO, EUTANASIA, SCELTA DEL SESSO, GRAVIDANZA IN CONTO TERZI. Ammetto anche di sentirmi spesso sopraffatto. Come si fa a non esserlo? Parlando con alcuni amici abbiamo avuto notizia di una cosa che mi sembra persino più triste: alcune persone, di cui avevamo anche apprezzato le doti umane, hanno tanto ceduto ad una profonda delusione (per non dire, per rispetto, alla disperazione) nel tempo terminale della propria vita e hanno disposto di non avere cerimonie funebri, né alcun segno di ricordo. Insomma, scomparire come se non fossero mai esistite.
(O) Non ne farei un segno del tempo presente, piuttosto una remota conseguenza dello spirito del ’68. Come età ci siamo, sono i ventenni di allora, che non avevano speranza, ma si alimentavano di utopie, prima rivoluzionarie, poi ecologiche, persino mistiche, talvolta con la droga come surrogato o presunto sostegno ad una necessaria liberazione dai condizionamenti imposti dal consumismo-capitalismo. Oggi potrebbe essere diverso. Ho appena letto il rapporto dell’ISTAT sui giovani e non appare il quadro disastrato che voi ‘diversamente giovani’ (quelli del ’68 vi avrebbero chiamato ‘matusa’ o ‘semifreddi’) credete attuale.
Guardiamo all’indice più universale che riguarda il loro futuro: come si immaginano in famiglia. “Dalle intenzioni espresse dai ragazzi tra gli 11 e i 19 anni una ripresa demografica non sembrerebbe però impossibile. I giovanissimi intervistati vedono infatti il loro futuro in coppia (74,5%) e molti pensano al matrimonio (72,5%).
Tra i giovanissimi desidera avere figli il 69,4%, di questi soltanto l’8,8% è per il figlio unico, mentre il 18,2% pensa a tre o più figli. Tra gli stranieri la percentuale di coloro che vogliono tre figli o più arriva al 20,5%. – Specie per i più piccoli, si tratta di un’esperienza che vedono ancora molto lontana nel futuro, in ogni caso emerge che, mentre il 69,4% dei ragazzi e delle ragazze dice di volere dei figli, il 21,8% è indeciso e l’8,7% dice di non volerne. Tra le ragazze è leggermente più alta la quota di coloro che non vogliono figli (10,3%). Gli stranieri sono più indecisi degli italiani: 26,0% contro il 21,4%. Tra i ragazzi e le ragazze cinesi è particolarmente elevata la quota che non vuole figli (15,3%) e quella di indecisi (45,2%); addirittura, tra le sole ragazze cinesi la quota di quelle che non vuole avere figli supera il 24% e quella di indecise sfiora il 46%.
(C) L’inverno demografico è indubbiamente un segno dei tempi su cui lavorare, sia come provvidenze alle famiglie, sia come mentalità. Più ancora per capirne gli aspetti culturali che sembrano dominanti. Non è certo un caso che sono le nazioni più povere ad avere un tasso di natalità più alto. Notate tuttavia il caso cinese come indicativo di come la mentalità sia determinante.
Notiamo anche che in parallelo a questa statistica parzialmente positiva, lo stesso rapporto conferma un segnale preoccupante: “Le nuove generazioni multiculturali e digitali esprimono preoccupazioni: un ragazzo su tre dichiara di aver paura del futuro e il 34% vorrebbe vivere all’estero da grande”. Quindi ripeto che il tema SPERANZA è forse l’impegno culturalmente e, per i credenti, religiosamente più importante del prossimo decennio.
(S) Come può una proposta puramente religiosa come l’Anno Santo, tradizionalmente calibrato sull’aspettativa della vita futura, nel senso di quella eterna, ridare speranza a questa vita travagliata?
(C) Lo potrà se sarà concepito e attuato come un periodo di grazia, ma anche di missione e se rispetterà nei fatti la sua intitolazione al cammino e alla speranza. Se sarà rivolto ai giovani, se offrirà loro un cammino di conversione e insieme di formazione, attuando quindi una piena valenza educativa. Che un ragazzo su tre abbia paura del futuro e sia disposto a vivere all’estero, non lo vedo come negativo, ma come un’opportunità, solo chi è inquieto può aprirsi ad una novità di vita, cioè alla speranza del proprio cambiamento. (continua)
(C) Costante (S) Sebastiano Conformi (O) Onirio Desti
You must be logged in to post a comment Login