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Storia

IL DITTATORE E LE MASSE

LIVIO GHIRINGHELLI - 17/05/2024

mein-kampfL’autobiografia di Hitler “Mein Kampf” è il documento più rappresentativo della letteratura nazista, descrivendovi nel carattere autoritario la simultanea presenza di impulsi sadici e masochistici. Rappresenta il rapporto del dittatore con le masse tedesche, che egli disprezza ed “ama”, al contempo in maniera tipicamente sadica, così come si verifica nel confronto coi nemici politici. “Quello che le masse vogliono è di essere dominate: la vittoria del più forte e l’annientamento o la resa incondizionata del più debole; aiutano il dominatore piuttosto che il supplicante, nell’intimo le soddisfa molto di più una dottrina che non tolleri concorrenza, che non la concessione della libertà democratica.

Egli indica nella distruzione della volontà del pubblico, mediante la forza superiore dell’oratoria, il fattore essenziale della propaganda. Affrontando la questione dell’ora più adatta per le riunioni politiche di massa sembra che di mattina e anche durante il giorno la volontà degli uomini si ribelli al tentativo di sottoporli alla volontà altrui, mentre di sera soccombono più facilmente alla forza prepotente di una volontà più forte. Nelle riunioni di massa necessariamente l’individuo che si sente solo ed è facilmente colto dalla paura di essere isolato, riceve per la prima volta le immagini di una comunità più larga, con effetto corroborante e incoraggiante e ne sente la suggestione. A loro volta le masse godono del potere che esercitano su altre nazioni e la passione per il dominio sul mondo. L’idea pacifista umanitaria va bene una volta che l’uomo del più alto livello abbia conquistato e assoggettato il mondo, divenendo il padrone assoluto di questo globo. Così è dello Stato che nell’epoca dell’inquinamento della razza si dedica a coltivare i suoi migliori elementi razziali.

Il dominio sugli altri popoli è per i loro bene e per il bene della civiltà mondiale. Il dominio tedesco sul mondo potrebbe portare non ad una pace sorretta dai ramoscelli d’ulivo dei beccamorti, ma fondata sulla spada vittoriosa di un popolo di signori. Il desiderio di potere è radicato nelle leggi di natura. Nell’istinto di conservazione delle specie Hitler vede la prima causa della formazione delle collettività umane (darwinismo sociale). “La prima civiltà del genere umano certamente era fondata meno sull’animale domestico, che sull’uso degli individui inferiori”. “La natura è la crudele regina di ogni saggezza”. Invece per molti aderenti al darwinismo tale dottrina suscitava la speranza di un ulteriore sviluppo dell’umanità verso stadi più elevati di civiltà.

L’ultima razionalizzazione del sadismo di Hitler consisteva nella giustificazione di esso come difesa dagli attacchi altrui. Meccanismo difensivo all’estremo. L’aspetto masochistico dell’ideologia è poi evidente soprattutto nelle masse: accettazione dell’insignificanza personale per dissolversi in un potere più alto, con la rinuncia al diritto di affermare la propria opinione personale, i propri interessi, la propria felicità. Fine dell’educazione l’insegnare all’individuo di non affermare il suo io. L’individuo deve anche imparare, se necessario, a sopportare l’ingiustizia in silenzio.

La sconfitta della Germania nella guerra 1914-1918 è per Hitler la meritata punizione da parte del “giudizio eterno”. Il mescolarsi delle nazioni con altre razze è peccare contro la volontà dell’eterna Provvidenza. La politica ha realizzato in pratica quello che l’ideologia prometteva.

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