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L'antennato

A CACCIA DEL FORMAT

STER - 17/05/2024

talentiEsordio tiepido per il nuovo programma di Milly Carlucci, ormai da svariati lustri al timone tra autunno e inverno del consolidato “Ballando con le stelle” ma da anni alla caccia (finora inefficace) di un format che le dia gloria in primavera. Dopo l’infelice parentesi de “Il cantante mascherato” (ugole d’oro travisate in improbabili costumi gareggiavano a non farsi riconoscere da una giuria di vip detective) ci prova quest’anno con “L’acchiappatalenti”, un programma in cui la sua sedicente ideatrice e conduttrice mescola elementi già noti e riusciti di altre trasmissioni, in uno schema tanto originale quanto dal sapore insopprimibilmente “koreano”, in cui carnevale, circo, vippume e talent s’incontrano senza amalgamarsi.

Una serie di talenti di non meglio precisate discipline, devono farsi scegliere da una giuria di vip “talent-scout” a scatola chiusa. Il dispiegarsi del loro talento, una volta prescelti e inseriti nelle varie squadre, desterà (desterebbe, dovrebbe destare) sincera maraviglia nello spettatore. Immancabili i costumoni al sapor di “Mai dire Banzai” e immancabili pure i concorrenti stranieri, pescati dal mercato internazionale dei mostri (o meglio: mostriciattoli) da palcoscenico che valicano ogni frontiera con destinazioni variabili: dallo Show dei Record a “Tu si que vales” e derivati. Si vede che di gente strana in Italia non ce n’è più abbastanza, con buona pace di Corrado e della sua storica Corrida. La pecca maggiore del programma appare, sulle prime battute, la mancanza di un regolamento ferreo e intellegibile, e non piuttosto aperto a eccezioni che spompano il senso della gara.

Chiaro: facile è criticare programmi “nuovi” (sia detto con beneficio d’inventario), ben più difficile portarne sullo schermo, per il combinato disposto di ristrettezze economiche ormai croniche nel comparto intrattenimento, difficoltà di ottenere spazi in palinsesti costruiti sul dogma dell’usato sicuro e – ultima ma non per importanza – oggettiva difficoltà a trovare idee non solo nuove, ma anche vincenti. Un esimio autore sentenzia che la tv è come la musica, sempre diversa anche se le note sono sempre quelle, per non parlare di Costanzo, che sosteneva come la televisione fosse innanzitutto abitudine.

Caso di scuola, la recentissima ripartenza de “La ruota della Fortuna”, format nato quando ancora le auto avevano le code di rondine e Giovanni Leone sedeva al Quirinale: il game show è stato riportato in onda con la scusa del centenario della nascita di Mike Bongiorno (suo mentore italiano negli anni ’80) con la conduzione del suo erede d’arte Gerry Scotti. Molte perplessità c’erano alla vigilia, un ottimo riscontro è stato invece conseguito nelle prime puntate trasmesse. Il ritorno al “sempre uguale” esercita nel pubblico della tv generalista (ormai davvero lontanissimo per gusti dagli under 40, per non parlare dei più giovani ancora, che al cruciverba preferiscono l’AI) un’attrazione micidiale. Così come micidiale è l’attitudine alla critica. Questo, d’altra parte, è il diabolico meccanismo ingaggiante che porta il Grande Fratello a essere programmato per nove mesi di fila due volte alla settimana e fare sempre buoni ascolti, o che porta la gente a non guardare altro che il Festival di Sanremo per una settimana intera, salvo poi disprezzarlo a parole e commenti come se fosse un dittatore nordcoreano.

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