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Parole

LONG COVID

MARGHERITA GIROMINI - 17/05/2024

???????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????Sembra passata un’eternità dal tempo del lockdown, un periodo della storia collettiva e personale difficile da collocare sia nella memoria personale sia in quella collettiva.

Si cerca di non ripensare al lento trascorrere di giornate di solitudine sociale, puntellate dalla retorica sulle sorti dell’umanità che, a pandemia finita, sarebbe stata migliore. Che purtroppo nel complesso non ne è uscita migliorata. Ma qualche cambiamento è avvenuto soprattutto nei comportamenti individuali. Anche a me è successo.

Un primo effetto è stato il rinforzo del piacere di muoversi a piedi. Raggiungere un luogo a piedi è diventata una scelta quasi automatica. Camminare è la modalità prevalente per spostarsi in un raggio di pochi chilometri. A piedi si ha tempo per osservare la natura, gli spazi urbani, gli edifici, per ascoltare le risposte del proprio corpo nell’ambiente circostante.

Per strada è facile fare incontri: incrociamo un vicino di casa, un conoscente, un vecchio amico e quel breve scambio di parole acquista più significati.

Un altro lascito del Covid è stato il ridimensionamento di alcuni eccessi. Dedicandomi al riordino di cassetti e di armadi ho toccato con mano la quantità di superfluo di cui mi sono circondata: capi che non ricordavo di avere, giacenze invecchiate e scolorite senza essere mai state usate.

La metà delle cose accumulate sarebbe stata sufficiente per vestirsi dignitosamente mentre l’altra metà che si potrebbe anche scartare è il frutto della compulsione al possesso delle cose. Abbiamo capito che si può vivere con molto meno di ciò che si possiede normalmente, che per possedere, per apparire, per accumulare si investono energie che sono preziose per progetti di vita di maggior valore.

E ancora: dopo la pandemia ho percepito la presenza di un diverso sguardo sulle persone. Le uscite limitate al territorio circostante hanno ampliato la visione del proprio ambiente quotidiano.

Gli sconosciuti osservati con interesse diventano individui finalmente visibili. E ancora, anni fa mi ero appassionata alle considerazioni sociologiche dell’antropologo Marc Augé.

Aveva teorizzato la presenza nel mondo contemporaneo di “non luoghi”, quegli spazi urbani privi di un’anima propria, poveri di relazioni per gli individui che li frequentano. Le stazioni, gli ipermercati, gli aeroporti, le aree di servizio autostradali, le grandi catene alberghiere sono alcuni dei luoghi alienanti e spersonalizzanti individuati e raccontati da Augé.

Ma nel tempo del dopo il Covid osservo i non luoghi con occhi diversi. Sul treno come in aeroporto le persone si incrociano, si mettono in relazione temporanea ma capace comunque di arricchire. L’anziano sulla panchina del centro commerciale osserva il flusso dei clienti, coglie qualche frase dai passanti che conversano lungo il percorso, familiarizza con i commessi che lo riconoscono. Penso che ci possa essere più relazione umana nel cuore del consumismo che in casa silenziosa.

Anche il treno si può rivalutare: il giornalista Gianluca Nicoletti conduce una trasmissione radiofonica dal titolo “Il treno va”. Passando di vagone in vagone e interloquendo con i viaggiatori, racconta e raccoglie storie. Perché una società viaggiante è viva quanto un museo, una sala conferenze, una mostra.

Consola rilevare che nel dopo Covid le persone mostrino un forte bisogno di parlare, di uscire, di incontrare altre persone, quasi che il silenzio coatto del lockdown li abbia indotti a recuperare per esprimerle le parole perse durante la pandemia.

Queste le poche riflessioni che mi farebbe piacere condividere con altri che, come me, nel proprio piccolo mondo, hanno potuto registrare qualche positivo cambiamento nell’era post Covid.

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