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Fisica/Mente

ALMENO 40 SECONDI

MARIO CARLETTI - 17/05/2024

maniLavarsi le mani è sempre stato un gesto quasi automatico, è diventato ancora più frequente dopo l’esperienza Covid che ha obbligato tutti noi a concentrarci maggiormente sull’igiene personale.

Nella storia dell’umanità però l’importanza di questa semplice abitudine è stata riconosciuta in tempi relativamente recenti e per l’esattezza nel 1847 grazie all’osservazione di un medico ungherese di nome Semmelweis.

Cadendo in questo mese la giornata mondiale che pone proprio l’attenzione all’importanza dell’igiene in generale, e del lavarsi le mani in particolare, fare una piccola passeggiata nella storia della medicina può essere utile.

Il dottore Semmelweis studiando i cadaveri delle donne che morivano di febbre post partum (allora decesso relativamente frequente) intuì che l’infezione veniva trasmessa dagli stessi medici che assistevano al parto.

Questo perché il sanitario passava dalle autopsie ai parti senza prima lavare in modo accurato le mani. La sua teoria fu poi confermata dal fatto che una accurata igiene delle mani da allora portò ad un crollo delle infezioni post-partum.

Oggi abbiamo la certezza che un gesto così elementare ha una efficacia determinante sulla prevenzione ed il controllo delle infezioni anche per quanto concerne l’assistenza del malato.

Da allora quindi si sono fatti notevoli passi avanti e si è giunti a vere e proprie linee guida che forniscono agli operatori sanitari indicazioni e raccomandazioni specifiche.

Le mani infatti sono colonizzate da una complessa flora batterica costituita sia da microorganismi residenti che vivendo negli strati più profondi della pelle in realtà non possono essere eliminati con il semplice lavaggio, ma anche da microorganismi transitori che sono sulle mani per contatto diretto con pazienti infetti o indiretto tramite dispositivi o l’ambiente, e che invece possono essere spazzati via da una igiene delle mani corretta.

I modi di lavarsi le mani possono essere naturalmente diversi sia per il materiale che viene utilizzato (solo acqua, o acqua ed altri prodotti igienici) sia per il tempo ed il modo che utilizziamo per farlo.

Generalmente il tempo divide in tre gruppi i tipi di lavaggio: lavaggio sociale (durata 40/60 secondi), antisettico (90 secondi) e chirurgico (5 minuti).

Il primo include l’utilizzo di acqua e sapone prima di mangiare o dopo essere stati in bagno, diventa ancora più efficace se vengono utilizzate soluzioni idroalcoliche o disinfettanti. È un metodo molto efficace al quale resistono solo le spore del Clostridium Difficile (resistente all’alcool), peraltro battere non comune.

Il secondo è indicato quando siamo di fronte ad aree di rischio elevato per procedure invasive, contatto con ferite o materiale biologico infetto o a pazienti particolarmente suscettibili ad infezioni.

Il terzo invece va effettuato con uno speciale sapone antisettico e mira a distruggere tutta la flora transitoria che potrebbe infettare il paziente in caso di rottura dei guanti protettivi.

I guanti di per sé rappresentano una perfetta barriera di protezione ma poiché possono subire a loro volta dei danni durante il loro utilizzo, le mani vanno allo stesso modo lavate in modo corretto e completo.

L’uso abituale di prodotti igienizzanti le mani può portare a lesione cutanee se il prodotto non è di qualità e se non si seguono tutte le regole consigliate (ad esempio asciugare le mani prima di infilare i guanti).

Discorso a parte per le unghie: diverse ricerche provano che unghie artificiale o lunghe ed appuntite (anche naturali) favoriscono il prosperare dei batteri ed anche la perforazione dei guanti.

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