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Andateci

L’ORAZIONE NELL’ORTO

SILVANO COLOMBO - 17/05/2024

sestaLa Sesta Cappella del nostro Sacro Monte del Rosario sopra Varese contiene il mistero dell’Orazione nell’orto, del momento nel quale Gesù, sul Monte degli Ulivi

“pregava: Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà. Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo. In preda all’angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra.” (Luca, 22, 40-44). I suoi discepoli dormivano in disparte quando sopraggiunse una turba di gente guidata da Giuda.

Prima di entrare in argomento vi invito a valutare l’impianto esterno della cappella. Essa, come la Seconda, ha i fondamenti verso la valle, e prende tutta la luce del mattino e del mezzogiorno. Presenta però un ben costrutto pronao che avrebbe dovuto essere allestito anche per la Seconda, dove non venne realizzato perché di fronte alla cappella correva una forte vena di roccia che aveva consigliato al Bernascone di non impegnarsi in un lavoro di eccessiva spesa, che avrebbe altresì impedito la veduta della Terza. Questo pronao ha un prospetto marcato da una serliana, cioè da un arco a pieno centro sorretto da due colonne isolate dalle pareti di spalla, sì da rimarcarne la soda struttura tuscanica. Una elastica lunetta ne corona l’alzato come a voler racchiudere il volume messo in atto, e non a renderlo svelto come sarebbe accaduto se un timpano lo avesse completato.

Ciò vuol dire, a mio avviso, che il Bernascone volle segnalare che ci si avvicinava ad una cappella nella quale occorreva meditare su un mistero che esigeva raccoglimento, preparando così ad avvicinarsi al tremendo momento della preghiera nell’orto di Getsemani. Ed i volumi della vera e propria cappella, schietti, giovano a confortare questa suggestione.

Questa volta, inginocchiati davanti alla finestra serliana, dobbiamo privilegiare la posizione centrale, quella che ci porta direttamente sul fondo della cappella dove il Cristo è inginocchiato in preghiera e l’Angelo scende verso di lui con volo segnalato dalla sua ala splendida e dalla diagonale della discesa rimarcata dal compasso delle gambe aperto. Il braccio sinistro levato in alto come a far sapere-vedere che la volontà divina lo manda al Figlio; il destro portato avanti per consegnare il calice.

Lo scultore che modellò le due statue è Francesco Silva di Morbio inferiore (Canton Ticino), che aveva iniziato a collaborare con la Fabbrica a partire dal 1617, con sue opere alla Quarta Cappella.

Seguendo Luca, si passa a destra della finestra per considerare la profondità del sonno dei discepoli; mentre dalla parte opposta, quindi dalla porzione sinistra della finestra, si vede l’imperiosa, straordinaria per efficacia, figura di Giuda che con viso torvo invita i soldati a seguirlo ed addita loro Gesù sul fondo.

sesta-internoI tre momenti sintetizzati nell’interno della cappella, come si sa per altre esperienze pittoriche (e mi riferisco precipuamente a Giotto, in cappella Scrovegni a Padova), avvengono quando ormai il sole è sparito dall’orizzonte, e la cappella, lo ricordo, è in piena luce. Quella luce che sul mezzogiorno toccava le figure di Maria in visita ad Elisabetta, qui viene a mancare del tutto, perché il mistero esige ed evoca una luce notturna, di luna, come quella altrettanto misteriosa della tela del Campi sulla quale Carlo Borromeo consumava le sue ultime giornate, immedesimandosi nell’orazione di Cristo (Milano, Pinacoteca Ambrosiana).

L’amico Roberto Baggio, attento scrutatore di questi effetti luministici, in un articolo di prossima edizione, che mi ha gentilmente anticipato, mi conferma quanto da me segnalato fin dal 1981, e cioè che nel guscio della tazza absidale della cappella era stato aperto un pertugio rivolto ad Est, per consentire che la luce della luna piena mirasse proprio il colloquio dell’Angelo con Gesù, e ciò nella notte del Giovedì Santo.

Questo “effetto” venne brutalmente annichilito dai restauri degli anni Venti del Novecento, che accecarono la finestrella, con buona pace della squisita attenzione misterica di quanti provvidero a far costruire le cappelle del nostro Sacro Monte del Rosario sopra Varese.

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