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Politica

SE DONALD

ROBERTO CECCHI - 17/05/2024

trumpSe Donald Trump dovesse essere rieletto alle presidenziali americane di novembre, assisteremmo ad un ribaltone di prospettiva radicale per la transizione ecologica. La spinta per la lotta al cambiamento climatico verrebbe sostanzialmente interrotta, non perché dalla ricerca scientifica siano emersi, nel frattempo, fatti nuovi rispetto a quelli che tutti noi conosciamo, ma semplicemente perché il Nostro ha sottoscritto un accordo con alcuni petrolieri californiani, per la bella cifra di 1 miliardo di dollari, con cui s’impegna a rallentare la decarbonizzazione e lasciare ancora un po’ di fiato (all’infinito?) all’uso di combustibili fossili.

Più o meno, avevamo capito che soggetto è questo. Uno che non va troppo per il sottile. Il campionario di accuse è vario. Compra e vende con disinvoltura proprietà immobiliari in una girandola di fallimenti. Intreccia relazioni pericolose con signorine non proprio raccomandabili e che paga per comprarne il silenzio. Trafuga documenti riservati dalla Casa Bianca, per conservarli nel suo garage personale. E alle ultime elezioni tenta quasi un colpo di Stato, sollevando la piazza, per opporsi al giudizio delle urne, che avevano visto prevalere Joe Biden. Se tali accuse siano fondate o meno lo stabilirà la magistratura locale, costretta a fare gli straordinari. Ma di certo, per ora, non si è distinto per programmi elettorali innovativi. Adesso, per finanziare la propria campagna elettorale, che rischiava di saltare per mancanza di fondi, ha risolto il problema “vendendosi” l’ambiente. Dunque, si rinuncia al bene comune, non per un giudizio di merito su una questione vitale per il suo paese e per l’intero pianeta, ma semplicemente per un tornaconto personale. Da noi, verosimilmente, sarebbe accusato di voto di scambio e finirebbe invischiato in beghe del tipo di quelle di cui parlano in questi giorni le cronache liguri.

Tutto ciò, mentre l’opinione pubblica americana non pare troppo indignata di fronte a comportamenti del genere. Fare commercio del futuro degli altri passa per essere un affare come un altro. E questo, devo dire, lascia perplessi, perché dagli USA ci aspetteremmo atteggiamenti diversi, come quando furono capaci di mandare in carcere Al Capone, per il solo fatto di non aver pagato le tasse. Un episodio molto noto, che ha fatto dell’America puritana un esempio per tutti. Oggi, succederebbe lo stesso? C’è da dubitarne. Anche se qualche anticorpo s’intravede ancora, se il Washington Post ha dato la notizia di questo mercanteggiamento sull’ambiente, suggerendo che si tratti di qualcosa d’inopportuno, se non di riprovevole.

Non è una novità quest’impegno di Trump a sabotare gli accordi sul clima. Qualcosa del genere era già successo nel 2016. In combutta con un altro populista, Bolsonaro (altro patriota), s’era messo a capo del fronte dei produttori di petrolio, per dilatare all’infinito i tempi di contenimento del riscaldamento a 1,5 gradi e sabotare, di fatto, gli accordi di Glasgow. La novità, adesso, rispetto ad allora, è avere contezza di tutto questo. Vedere con estrema chiarezza che c’è una lobby, che questa lobby ha risposto ad un appello di Trump e che un mese fa si è riunita nel resort di Mar-a-Lago in Florida. A organizzare l’evento è stato il miliardario Harold Hamm, della Continental Resources, una società che estrae petrolio e gas da diversi giacimenti in Oklahoma e North Dakota. S’era intuito da tempo, da decenni, che qualsiasi alternativa al petrolio sarebbe stata fatta naufragare nel nulla. Non si voleva che la ricerca facesse progressi in questo campo, come in altri. Adesso, si capisce bene come e perchè tutto questo sia potuto accadere e non è poco. Una volta tanto Trump è servito a qualcosa.

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