L’Archivio di Vittorio Tavernari (1919-1987) è per sempre al MA*GA.
Grazie ad un finanziamento della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura (attraverso il bando PAC, Piano per l’Arte Contemporanea 2023), il Museo gallaratese diretto da Emma Zanella ha potuto accoglierlo ufficialmente, insieme con diverse opere dell’artista e la Biblioteca personale del Maestro.
In cima alla classifica dei musei più frequentati in Italia (è al 50° posto) e tra i primi in assoluto di Arte Contemporanea, nasceva all’inizio degli anni Cinquanta per volontà del pittore Silvio Zanella, come emanazione del Premio Città di Gallarate. Proprio nella seconda edizione del Premio il pittore e lo scultore si incontrarono per la prima volta. Era il ’51, come ha ricordato la figlia di Vittorio, Carla, nella presentazione alla stampa dell’evento.
Il museo (prima GAM, poi MA*GA nella nuova sede di via De Magri) è diventato dunque fondamentale, definitivo punto di riferimento di preziosi materiali cartacei, pubblicazioni, e opere artistiche conservati per anni dalla famiglia Tavernari. Ci sono documenti importanti come foto e lastre fotografiche, ma anche lettere autografe di Vittorio, e dei critici e degli amici che stimarono e consigliarono l’artista, nonché dei direttori dei musei e di coloro che intrattennero rapporti con lui.
Tra i critici i migliori del tempo: come Francesco Arcangeli, Carlo Ludovico Ragghianti, Marco Valsecchi e Mario de Micheli.
Renato Guttuso e Piero Chiara furono invece gli amici più vicini, anche fisicamente, e questo consentì loro di frequentarsi e di consigliarsi a vicenda. Lo stesso Tavernari convinse Guttuso a rimanere a Varese. Dove lavorò per lunghi periodi nel casino di caccia ereditato dalla moglie Mimise Dotti, a Velate. E videro la luce alcuni dei capolavori del maestro siciliano.
La definitiva destinazione al MA*GA è stata occasione per l’allestimento di una rassegna che evidenzia bene i legami col territorio locale di Tavernari, come la realizzazione a suo tempo di una fontana, in Piazza Libertà. Fu eseguita dall’artista nel 1955, in taglio diretto.
“La mostra di Tavernari – ha detto il sindaco Cassani in riferimento al felice rapporto dell’artista con Gallarate – ci tocca nel cuore”. Nel percorso si trovano anche diversi manifesti e locandine comparsi in occasione dei numerosi e sempre più importanti viaggi all’estero dell’artista per ragioni espositive: come quelle di New York al Moma (1962 e ‘63 ) dopo l’acquisizione del Torso del ’61, e del Museo Rodin, nel ’73 (antologica di Monique Durant), consacrazione di una vita spesa per l’Arte. Accanto alle esposizioni veneziane, (XXXII Biennale, 1964) milanesi (Pac.1969)e romane(decima Quadriennale nel 1972).
Nato a Milano e allievo di Francesco Wildt, maturato negli ambienti artistici milanesi del dopoguerra, Tavernari fu tra i firmatari del Manifesto del Realismo “Oltre Guernica” cui aderirono nel ‘46 diversi artisti di primo piano.
Stabilitosi a Varese nel dopoguerra, con la moglie, la violinista Piera Regazzoni, coltivò la sua arte nello studio di via Dandolo e poi in quello di Barasso, dove nacquero molte delle più importanti opere ascrivibili a cicli diversi: dalle Maternità, alle Pietà, ai Torsi, ai Cieli, agli Amanti.
La famiglia Tavernari – con i figli Giovanni e Carla, docente e storica dell’arte – ha provveduto nel tempo a catalogare opere e materiali. Proprio la serietà del MA*GA – che all’arte contemporanea dedica da sempre tempo, mezzi e iniziative, e custodisce in sé opere tra le migliori dei protagonisti – ha convinto i familiari della buona scelta di consegnare l’archivio e l’intera memoria del maestro.
Anche nel capoluogo varesino Tavernari ha lasciato molte sue opere, realizzate in pietra, in legno, o in metalli vari. Molte sono nelle case private e nei luoghi di lavoro dei tanti che lo hanno apprezzato. O sono dedicate alla memoria pubblica dei caduti. Altre sono custodite al Castello di Masnago, a Villa Panza e in Via Albuzzi, nel cuore di Varese.
Il tiolo della mostra del MA*GA è preso a prestito da un’intervista rilasciata da Tavernari alla rivista Epoca. Era il 1951 e Vittorio raccontava, in belle parole, la sua arte:
“Il linguaggio che adopero per creare le mie sculture è un linguaggio vorrei dire quasi panteistico. Perché nella mia esistenza ho sempre osservato molto le cose del creato, mi hanno sempre commosso e mi hanno preso magicamente. Osservando ad esempio una foglia noto tutta quanta l’armonia compositiva che essa racchiude. Così una montagna, un paesaggio, il cielo e via dicendo. Da questo esempio infinito e se vogliamo surreale traggo i miei principi di uomo creatore, sforzandomi di creare anch’ io qualcosa di simile”.
info@museomaga.it Vittorio Tavernari. VORREI SCOLPIRE L’UNIVERSO A cura di Emma Zanella e Alessandro Castiglioni Fino all’1 settembre 2024 In contemporanea. Davide Maria Coltro Astrazione Mediale A cura di A. Castiglioni e contributo critico di Elena Pontiggia Alfabeto del contemporaneo. La voce degli artisti A cura di Emma Zanella e Alessandro Castiglioni in collaborazione con Sky Arte Fino al 16 giugno 2024
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