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Società

Il CICLISTA DELLA MEMORIA

FABIO GANDINI - 17/05/2024

giovanni«Viaggio piano, così da permettere alla mia bicicletta di dialogare con la strada, soprattutto con le vie meno battute, quelle che più hanno da raccontare. E viaggio solo, perché i miei percorsi richiedono meditazione. Quando si viaggia lenti, senza l’assillo del tempo, si ha la possibilità di apprezzare in modo profondo tutto ciò che ci circonda, al punto tale che anche il saluto di una persona incrociata per caso lo si riesce a vivere in maniera più intensa, perché si ha l’opportunità di ascoltare ed osservare lo sguardo di chi ce lo ha porto, di cogliere la possibilità di rispondere, di interloquire e di far nascere una nuova amicizia. Esattamente come succede sempre durante i miei viaggi, il cui fine non è mai la meta da raggiungere».

Se ci fosse la necessità di stilare il manuale del vero viaggiatore, le parole riportate andrebbero a costituirne l’incipit perfetto. Sono poche righe in cui c’è dentro tutto: un desiderio quasi famelico di scoperta, la solitudine che diventa opportunità, l’apertura mentale, la curiosità, l’assenza di confini geografici e soprattutto mentali.

Queste frasi così profonde e centrate hanno la paternità di Giovanni Bloisi, un lucano classe 1954 che a Varano Borghi ha trovato casa da decenni, tanto da dichiarare ormai di «appartenere alla gente di Varese». Il concetto di “casa”, peraltro, andrebbe spiegato meglio… La vera “casa” di Bloisi è il mondo: da 16 anni Giovanni è spesso e volentieri impegnato in un percorso esistenziale prima che pratico che lo sta portando in giro per l’Italia e per l’Europa. Un percorso da affrontare in modo lento, in principio a piedi, ora – da tempo – con le inseparabili biciclette.

Giovanni Bloisi non solo sa viaggiare, come ben si comprende dall’acutezza delle osservazioni iniziali: Giovanni Bloisi viaggia per un motivo. Lo stimato collega varesino Matteo Fontana lo ha definito il “Ciclista della Memoria”: «Io viaggio – dice Bloisi – perché desidero che, attraverso il mio lento pedalare per le strade del mondo, si comprenda l’importanza della Pace e della Fratellanza tra gli uomini, mantenendo viva la Memoria sia sulle vittime delle guerre, dell’odio, della violenza, dell’intolleranza, del razzismo e sia sulle motivazioni che portarono a tanto. Con la mia bicicletta raggiungo quegli angoli del mondo che sono stati teatro di eventi tragici e il mio viaggio diventa strumento di narrazione di quegli eventi e della storia delle persone che li subirono. Poi, quando torno, racconto ciò che ho visto, perché la Memoria che raccolgo deve essere condivisa».

Con questo obiettivo nel cuore e nelle gambe Bloisi ha mosso le prime pedalate nel 2008. In questo caso la memoria da custodire, il tesoro da riscoprire, è stata “la valigia di cartone” dei migranti del secolo scorso, quelli che lasciavano la miseria del Sud Italia per cercare fortuna al Nord o all’estero: da Varano Borghi, Giovanni ha raggiunto il paesino di Carbone, in Basilicata, da dove suo padre era partito nel 1964 per provare a dare un futuro alla famiglia.

Nel 2010 ha girato quasi interamente la Sardegna per realizzare il sogno di un amico tetraplegico di rivedere la sua terra («ho pensato che avrei potuto andarci io per lui, che avrei potuto, trasformandomi nei suoi occhi, dargli l’opportunità di vedere la Sardegna raccontandogliela in diretta sul posto…»), nel 2011 – sempre partendo da Varano Borghi – è arrivato fino in Sicilia per risalire poi a Roma, celebrando i 150 anni dell’Unità d’Italia, nel 2012 ha raggiunto Mauthausen e Auschwitz, nel 2014 e nel 2015 i luoghi della Grande Guerra e del secondo conflitto mondiale, nel 2019 si è spinto fino a Mosca, per onorare il ricordo i 90 mila ragazzi mai tornati da quelle terre a seguito della tragica Campagna di Russia.

L’elenco fatto contiene solo una minima parte delle imprese compiute, ma non quella che lo ha forse reso più famoso: nel 2017 Bloisi ha raggiunto Gerusalemme, raccontando a tutti la storia della Casa dei Bambini di Selvino (Bergamo), sopravvissuti allo sterminio e alle persecuzioni nazi-fasciste. Non solo: il viaggio gli è valso anche l’occasione proprio per incontrare alcuni di questi “ex bambini” o i loro eredi.

E nel 2024? Altro viaggio, si capisce: “Il ciclista della Memoria” è partito da Ventotene (direzione nord: stavolta il suo tour è “verso” e non “da” casa), dove nel 1941 Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni scrissero il “Manifesto” che per la prima volta immaginò un’Europa unita, federalista, e rispettosa delle diversità. Non un caso, nei giorni in cui il Vecchio Continente sarà chiamato a decidere come e quanto e perché portare avanti quel sogno…

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