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Apologie Paradossali

MESSAGGIO CON SPERANZA

COSTANTE PORTATADINO - 17/05/2024

logo«Spes non confundit», «la speranza non delude» (Rm 5,5). Nel segno della speranza l’apostolo Paolo infonde coraggio alla comunità cristiana di Roma. La speranza è anche il messaggio centrale del prossimo Giubileo, che secondo antica tradizione il Papa indice ogni venticinque anni. Penso a tutti i pellegrini di speranza che giungeranno a Roma per vivere l’Anno Santo e a quanti, non potendo raggiungere la città degli apostoli Pietro e Paolo, lo celebreranno nelle Chiese particolari. Per tutti, possa essere un momento di incontro vivo e personale con il Signore Gesù, «porta» di salvezza (cfr. Gv 10,7.9); con Lui, che la Chiesa ha la missione di annunciare sempre, ovunque e a tutti quale «nostra speranza».

Con queste parole si apre la Bolla d’indizione del prossimo giubileo ordinario del 2025, intitolato PEREGRINANTES IN SPEM. Alle opportunità che il giubileo offrirà alla chiesa che vive in Varese avevamo già accennato nell’Apologia pubblicata sabato 4/5 scorso. Per meglio comprendere l’importanza dell’occasione riferiremo alcuni passi del testo di papa Francesco, immodestamente accompagnati da richiami storici.

“Da questo intreccio di speranza e pazienza appare chiaro come la vita cristiana sia un cammino, che ha bisogno anche di momenti forti per nutrire e irrobustire la speranza, insostituibile compagna che fa intravedere la meta: l’incontro con il Signore Gesù. Mi piace pensare che un percorso di grazia, animato dalla spiritualità popolare, abbia preceduto l’indizione, nel 1300, del primo Giubileo. Non possiamo infatti dimenticare le varie forme attraverso cui la grazia del perdono si è riversata con abbondanza sul santo Popolo fedele di Dio. Ricordiamo, ad esempio, la grande “perdonanza” che San Celestino V volle concedere a quanti si recavano nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, a L’Aquila, nei giorni 28 e 29 agosto 1294, sei anni prima che Papa Bonifacio VIII istituisse l’Anno Santo. La Chiesa già sperimentava, dunque, la grazia giubilare della misericordia. E ancora prima, nel 1216, Papa Onorio III aveva accolto la supplica di San Francesco che chiedeva l’indulgenza per quanti avrebbero visitato la Porziuncola nei primi due giorni di agosto. Lo stesso si può affermare per il pellegrinaggio a Santiago di Compostela: infatti Papa Callisto II, nel 1122, concesse di celebrare il Giubileo in quel Santuario ogni volta che la festa dell’apostolo Giacomo cadeva di domenica. È bene che tale modalità “diffusa” di celebrazioni giubilari continui, così che la forza del perdono di Dio sostenga e accompagni il cammino delle comunità e delle persone.

Non a caso il pellegrinaggio esprime un elemento fondamentale di ogni evento giubilare. Mettersi in cammino è tipico di chi va alla ricerca del senso della vita. Il pellegrinaggio a piedi favorisce molto la riscoperta del valore del silenzio, della fatica, dell’essenzialità.”

Evidenziamo due elementi fondamentali dell’Anno Santo: il pellegrinaggio e il perdono.

Per incontrare Gesù, il proprio destino vero, il destino di ciascuno, occorre uscire da se stessi, dalle abitudini, dalla casa sicura, dall’egoismo e dal peccato e iniziare un cammino di conversione. Questo è sempre richiesto, in ogni circostanza in cui il peccato ci abbia allontanati dalla grazia divina: è la condizione del sacramento della penitenza o riconciliazione, familiarmente chiamata confessione che anche ordinariamente rimette il peccato. Che cosa aggiunge il Giubileo? Rimette anche la pena temporale, quella che si sconta nel purgatorio. È l’indulgenza, sì, proprio quelle cosette che fecero arrabbiare Lutero, perché vendute a buon mercato, senza richiedere una vera conversione. Ma il Giubileo, al contrario, vuole proprio essere un’occasione di vera e profonda conversione, attraverso un cammino spirituale e anche un pochino di cammino materiale. Certo oggi accettiamo come pellegrinaggio anche un viaggio realizzato comodamente con i mezzi di trasporto odierni e, nella modalità “diffusa” anche vicino a casa nella chiesa cattedrale della propria diocesi, ma la conversione deve essere vera. Dalla Bolla sembra di capire che in ogni caso sarà richiesto un cammino fisico: “Il pellegrinaggio da una chiesa, scelta per la collectio, verso la cattedrale sia il segno del cammino di speranza che, illuminato dalla Parola di Dio, accomuna i credenti.”

Dunque conversione e perdono sono intimamente legati a speranza, virtù teologale e non semplice aspettativa e indole ottimistica.

 “Oltre ad attingere la speranza nella grazia di Dio, siamo chiamati a riscoprirla anche nei segni dei tempi che il Signore ci offre. Come afferma il Concilio Vaticano II, «è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche».[4] È necessario, quindi, porre attenzione al tanto bene che è presente nel mondo per non cadere nella tentazione di ritenerci sopraffatti dal male e dalla violenza. Ma i segni dei tempi, che racchiudono l’anelito del cuore umano, bisognoso della presenza salvifica di Dio, chiedono di essere trasformati in segni di speranza.”

Per ora ci fermiamo qui, non senza aver evidenziato la particolare tensione introdotta dal Papa, con questo richiamo conciliare ai ‘segni dei tempi’: la loro trasformazione in ‘segni di speranza’ è una trasformazione culturale e sociale così difficile, ma così necessaria proprio in un tempo come l’attuale, dove tanti fattori, compreso talvolta il sentimento religioso, sembrano cospirare per far crescere il dolore ed il male.

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