11 maggio 1999, esattamente 25 anni fa… È una data, quella dell’ultimo scudetto conquistato, che i tifosi della Pallacanestro Varese hanno ben impressa nella mente e nel cuore, per una serie di buoni motivi. Innanzitutto, perché è stato l’ultimo in ordine di tempo ed è dunque rimasto nel ricordo di molti che lo hanno vissuto, sugli spalti del palasport di Masnago o più semplicemente condividendo l’atmosfera di straordinaria eccitazione di cui era pervasa in quei giorni l’intera città.
Chi oggi può ricordare i primi scudetti, quelli vinti dall’Ignis Varese nel 1961 e nel 1964 sul ruvido pavimento della Casa dello Sport di via XXV Aprile? Pochi, forse pochissimi.
Qualcuno in più certamente ha vissuto e rammenta i fantastici anni (tra il 1968 e il 1980) che hanno arricchito a dismisura la meravigliosa bacheca della Pallacanestro Varese, un ciclo probabilmente irripetibile per qualsiasi squadra in qualsivoglia disciplina sportiva.
Ma sono certamente moltissimi coloro che hanno ancora ben impresso nella mente quello scudetto conquistato dai Roosters nella terza partita della finale scudetto contro la Benetton Treviso, in un palasport ribollente, alla fine letteralmente impazzito di gioia.
Uno scudetto a lungo atteso (il precedente risaliva al 1978 con la Mobilgirgi guidata da Nico Messina) ma anche del tutto inatteso. La Pallacanestro Varese, tornata in serie A1 nel 1994 dopo due stagioni nel purgatorio della A2, si era nuovamente posizionata nelle zone di vertice del campionato (5a nel 1995, 4a nel 1996 e 7a nel 1997, ma sempre estromessa nei quarti di finale dei playoff) e nel 1998, con Carlo Recalcati in panchina, “ripescato” dalla serie B dell’Alpe Bergamo dove era scivolato, aveva chiuso di nuovo al quarto posto, guadagnando le semifinali playoff, battuta 3-1 dalla Kinder poi campione d’Italia.
A settembre 1998 nessuno può ipotizzare l’impronosticabile. Nessuno tranne Edoardo Bulgheroni, giovane presidente, che alla presentazione ufficiale della squadra nel cortile di Villa Recalcati parla esplicitamente dello scudetto come di un obiettivo possibile, suscitando probabilmente inespressi sentimenti di commiserazione e di compatimento.
La squadra è sicuramente arricchita rispetto alla stagione precedente, nella quale già possedeva una più che discreta ossatura (il quintetto base era composto da Pozzecco, Meneghin, Komazec, De Pol e Petruska); ma a fine campionato Komazec aveva scelto l’Olympiakos e Petruska il Galatasaray. Così, dovendo irrobustire un roster chiamato anche agli impegni internazionali, Edoardo Bulgheroni, Carlo Recalcati e il g.m. Gianni Chiapparo puntano sul ritorno di Cecco Vescovi da Pistoia e poi sul “recupero” di Giacomo Galanda, reduce da una stagione non eccellente alla Fortitudo (dove era cambio di Fucka; Gek arriva in prestito, così come lo è già De Pol da Milano). In aggiunta, ecco Cristiano Zanus Fortes come cambio del pivot titolare. Decisivi, ovviamente col senno di poi, i due giocatori stranieri: da una parte Veljiko Mrsic, giocatore croato d’esperienza e di qualità, con caratteristiche di “universale”, capace di giostrare in più ruoli; dall’altra Daniel Santiago, portoricano di 22 anni, 215 centimetri, senza alcuna esperienza nei campionati europei.
E proprio Santiago, alla lunga, si rivela tra i molti elementi decisivi: Bulgheroni dice no a Recalcati che, dopo un avvio un po’ deludente, lo vorrebbe sostituire e la crescita del pivot, sostenuto a suon di assist da Pozzecco e dagli altri compagni, si rivela sostanziale per l’equilibrio della squadra. Un equilibrio che si vede in campo ma che esiste anche fuori campo, dove il concretissimo De Pol mette più volte in riga lo straripante amico e concittadino Pozzecco, Vescovi e Meneghin accettano un ruolo in apparenza subalterno rispetto a quello del playmaker, Mrsic non anela al ruolo di star e Galanda e Zanus Fortes si rivelano preziosi uomini da spogliatoio. E determinante è anche un certo “entusiasmo sotto controllo” che passa dagli uffici del club alla stampa e ai tifosi, un clima da fuoco sotto la cenere che è ideale per evitare eccessive pressioni.
Il tutto si traduce nei risultati: i Roosters sono secondi al termine della stagione regolare (42 punti) alle spalle della Fortitudo Bologna (44) e davanti a Kinder Bologna (40) e Benetton Treviso (38). L’impegno internazionale si esaurisce agli ottavi di finale di Euroleague per mano dell’Olympiakos, la finale persa di Coppa Italia contro la Kinder Bologna (63-65) a fine gennaio è carburante prezioso per chi cercherà poi una rivincita.
Nei playoff Varese entra in scena contro Rimini senza troppo brillare (3-1), ma realizza il capolavoro contro la Kinder Bologna (3-1), sicuramente più forte a livello di organico (Danilovic, Rigaudeau, Abbio, Binelli, Nesterovic, Sconochini, Edwards, Frosini…) ma anche alle prese con le fatiche e gli acciacchi eredità dell’Eurolega, oltre che con l’incontenibile entusiasmo di un avversario che crede nella possibilità di realizzare il sogno.
La finale con la Benetton si esaurisce in tre capitoli: i Roosters si aggiudicano gara 1 a Varese (77-71), replicano in gara 2 a Treviso (74-71) e conquistano la Stella del decimo scudetto in gara 3 nuovamente sotto la volta del palasport di Masnago (73-64).
Quanto dovrà attendere la grande Storia del basket varesino prima che vengano scritti nuovi capitoli di gloria?
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