Ministri che denunciano i giornalisti ficcanaso di Report, la Rai smontata e rimontata dal governo che annulla il programma già registrato di Roberto Saviano e censura l’intervento critico di Antonio Scurati sul 25 aprile, il servizio pubblico radiotelevisivo soffocato dalla politica che si spacca tra scioperanti e crumiri: c’è allarme in Europa per le condizioni della libertà d’informazione in Italia. Nel 2024, secondo il rapporto annuale di Reporters Sans Frontières, l’Italia perde 5 posizioni rispetto al 2023 e retrocede dal 41° al 46° posto nella classifica mondiale della libertà di stampa scivolando in “zona Orban” in linea con la Polonia in 47a posizione. Ora è in fascia “problematica”, lontana da Germania, Francia, Spagna e Regno Unito attestati entro i primi trenta posti.
Le reazioni sono preoccupate. Il presidente della federazione della stampa Vittorio Di Trapani denuncia la “deriva ungherese dell’Italia” e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ammonisce che “la libertà di espressione va assicurata anche a chi la pensa diversamente”. Prende posizione perfino papa Francesco. In un messaggio postato sul social X alle 13.30 del 3 maggio – la giornata internazionale della libertà di stampa – il pontefice ricorda a tutti che “la libertà è fondamentale per sviluppare un assennato senso critico e per imparare a distinguere la verità della menzogna e a lavorare in modo non ideologico per la giustizia e la pace”. L’Italia davvero trascura l’art. 21 della Costituzione e il principio che la stampa non può essere soggetta a censure?
Un brutto segnale sono le querele temerarie che puntano a intimidire i giornalisti intentando loro cause legali milionarie. Preoccupa la concentrazione dei giornali in poche mani: un parlamentare della maggioranza, l’imprenditore e senatore della Lega Antonio Angelucci, già proprietario dei fogli conservatori Libero, Il Giornale e Il Tempo, potrebbe incamerare la seconda agenzia di stampa italiana, l’Agi, di proprietà dell’Eni controllata dal ministero dell’economia. E fa discutere l’indagine aperta a Perugia contro tre cronisti del quotidiano Domani che potrebbe rivelare i rapporti confidenziali tra fonti e giornalisti. I tre sono accusati di accessi abusivi a sistemi informatici e rivelazione di segreto in seguito a un esposto del ministro Crosetto.
Per non parlare degli interventi legislativi, delle norme e dei progetti di legge che puntano a restringere il diritto di cronaca e rischiano di legare le mani e di tappare la bocca ai giornalisti che fanno il loro mestiere. Altro che il vecchio conflitto di interessi di Berlusconi: ora il dibattito, senza esclusione di colpi, si accentra sulla possibilità di infliggere il carcere ai giornalisti in base al modo in cui si procurano le notizie, un emendamento per ora ritirato e sulla cosiddetta “legge bavaglio”, vale a dire il divieto ai cronisti di riportare per esteso nei loro articoli le ordinanze di arresto, un disegno di legge firmato da Enrico Costa del partito Azione.
I Paesi autoritari rischiano di fare scuola. Reporters Sans Frontières conferma che “un numero crescente di governi e autorità politiche non adempiono al proprio ruolo di garanti del giornalismo e del diritto del pubblico a ricevere notizie e informazioni affidabili e indipendenti”. E Bruxelles corre ai ripari. L’European Media Freedom Act, la prima legge per la libertà dei media adottata qualche settimana fa, si prefigge di tutelare l’indipendenza dell’informazione. Una delegazione della federazione europea dei giornalisti sarà a Roma il 16 e 17 maggio per incontrare il ministro della giustizia, politici e giornalisti e poi riferire alla Commissione Europea con un documento pubblico. Spetterà poi alla Commissione vigilare e, nel caso, intervenire.
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