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Attualità

IL SORRISO DEL MALE

FABIO GANDINI - 10/05/2024

femminicidioMai così tanti, mai così tanti qui.

La memoria corre, alimentata dallo sgomento: il sangue che scorre vicino alla porta di casa tua non è uguale agli altri. Ti colpisce direttamente, ne fai parte, ti interroga, ti chiama.

Mai così tanti delitti familiari e femminicidi, mai così tanti in provincia di Varese. Anni di silenzio delle cronache, allarmate solo da sporadici episodi, qualificabili quindi come eccezionali, incredibili, anormali nella provincia, placida e sonnacchiosa sì, ma soprattutto civile. Ti sembrava di conoscerla, mai avresti detto: ora è una scia…

La memoria corre, aggiorna il bollettino. Uomini contro donne, uomini che arrivano persino al culmine dell’indicibile – a una violenza che non è nemmeno quella delle bestie, perché il mondo animale è almeno governato da un istinto che mai permetterebbe una cosa del genere – per far male alle donne: uccidere i propri figli.

Sì, perché questi uomini sono anche padri. Succede ad Azzate, la vittima è un bambino di 7 anni, sgozzato per fare un dispetto all’ex moglie. Succede a Mesenzana e stavolta le vittime sono due, un bambino e una ragazzina: anche qui il motore è l’odio contro un’ex compagna, cieco a tal punto da distruggere tutto quanto creato con quello che una volta era sembrato amore: la relazione, i figli, la vita di chi rimane, nel caso di specie pure se stessi (la vicenda si concluse con il suicidio del responsabile).

Samarate, e chi se la scorda? Qui l’orrore è racchiuso in due occhi che continuano a guardarci, profondi, fissi, assenti come fossero persi in qualcosa di troppo grande da superare e poi all’improvviso vivi di una luce che sa di resistenza, di faticosa e lentissima rinascita, di miracolo di una vita che sopravvive al dolore: sono quelli di Nicolò, l’unico scampato a una mattanza che gli ha portato via madre e sorella.

Il dito scorre impazzito sulla mappa dei Sette Laghi: c’è anche Vanzaghello, c’è Cantello, ci sono Rescaldina e Sesto Calende, i due punti cardinali della vita di Carol Maltesi, uccisa e poi “macellata” dal compagno che voleva lasciare.

E ora Casbeno, che sulle carte geografiche non ha nemmeno cittadinanza essendo quartiere, ma proprio per questo è un po’ un simbolo di quanto stiamo descrivendo, di questa violenza che stravolge ciò che è piccolo, tranquillo, insospettabile. Mentre scriviamo un uomo è morto per difendere sua figlia e non possiamo neanche immaginare quale desolazione, quale paura abbia provato negli ultimi istanti della sua esistenza. Mentre scriviamo una donna lotta, in ospedale, tra la vita e la morte: aveva provato in tutti i modi ad allertare la comunità del pericolo che correva a causa della follia dell’ex marito. Non è bastato.

Mentre scriviamo un’altra famiglia si è auto-distrutta. Mentre scriviamo un uomo è entrato in carcere, sorridendo in una passerella davanti alle telecamere, come se fosse il protagonista di un film alla serata degli Oscar.

È questa l’immagine che ci teniamo, perché è la più rivoltante, ma anche la più significativa. La teniamo a monito: la violenza si è presa anche Varese, l’uscio della nostra casa. E noi dobbiamo ripartire da questa consapevolezza e dalla foto di un uomo che riesce a sorridere dopo aver commesso il più atroce dei delitti, perché più fondo di così, non si può andare.

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