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Andateci

LA “TERZA” PIÙ GUTTUSO

SILVANO COLOMBO - 03/05/2024

terzaPer sottolineare ulteriormente la straordinaria originalità della progettazione del Bernascone relativamente alle diverse cappelle del Sacro Monte del Rosario sopra Varese, attiro la vostra attenzione sulla Terza, quella che esprime il mistero della Natività di Gesù.

Il primo tratto della salita che va dalla Prima alla Terza si offre con vista libera, senza l’ingombro che era stato previsto dal pronao che doveva essere impiantato davanti alla Seconda.

Il maestro lo aveva scartato perché sul lato sinistro della montagna correva una vena di roccia talmente forte che sarebbe stata fatica inutile farla saltare con la forza dei picconi e delle braccia e per questo motivo aveva progettato la Seconda su alta scarpa di muraglia, tutta isolata verso valle. Stando così le cose lo sguardo tirava diritto verso la Terza. Ed ecco dove si apprezza la finezza del progettista. Non la fece costruire con il prospetto proprio di fronte a chi sale ma leggermente ruotato verso destra, suggerendo in tal modo la direzione che si sarebbe dovuta seguire. Una cappella dietro l’altra, ad eccezione della Decima che avrebbe chiuso la salita con la Crocifissione e ne preparava una nuova, di conversione, verso la sinistra, verso la Risurrezione.

Ma così impiantando il volume della cappella, dimostrava di tenere in prevalente conto l’esposizione alla luce del sole, del sole di primo mattino, che colpendo quel prospetto illuminava il mistero della Natività, di una nuova luce per l’umanità.

Ecco perché vi invito a non guardare la Fuga in Egitto che sta al fianco della cappella, della quale dirò a breve. Perché quella muratura, condotta dal fianco sinistro della cappella verso la montagna, è una infelice app. veramente una intrusione fuori tempo e fuori luogo.

Isolata così, la Terza acquista una nobiltà architettonica veramente esemplare.

Destino volle che dopo il 1623, quando è documentata la costruzione di tutte le cappelle, e dopo la pestilenza del 1629-32, che impose uno stop alla Fabbrica, togliendo dal mondo tra l’altro il padre Giovanni Battista Aguggiari, il cappuccino inventore della Fabbrica, ed il Bernascone, magnifico progettista e direttore dei lavori, attorno alla metà del secolo si mise mano a completare il corredo statuario di poche cappelle restanti, e soprattutto quello degli affreschi sulle pareti interne.

Non so a chi venne l’improprio suggerimento di accompagnare al mistero della Natività l’episodio susseguente della Fuga in Egitto, che non è un mistero. Oltretutto fu impiantata prima della Natività come se uscendo dalla cappella si dovesse scendere per accompagnare la Sacra Famiglia in fuga, andando contro mano e contro senso. Non so immaginare quanto sia l’Aguggiari sia il Bernascone si siano rigirati nella tomba.

Ci sarà stato forse un benefattore che sovvenzionò il tutto e fu accontentato, questo ancora non lo so. So per certo che il pittore Carlo Francesco Nuvolone, affabile e delicato pittore di sentimenti, dopo le burrasche sentimentali e pittoriche del Morazzone e del Cerano, più incline a Giulio Cesare Procaccini, intonò una fuga in Egitto estremamente delicata ed affettuosa, accompagnata da una quinta architettonica dipinta con rara maestria da Francesco Villa.

La collocazione di quella parete, sulla quale i due pittori dipinsero a fresco, col tempo ammalorò l’opera, e la documentazione fotografica di inizi Novecento, con presente in primo piano la giovinetta Lidia Beretta, rivela che l’umidità di risalita era già arrivata a metà della scena.

I “restauri” del Poloni che interessarono tutte le cappelle nel corso del terzo decennio del Novecento, intervennero pesantemente anche su questa immagine fino al punto che mons. Pasquale Macchi, quando intraprese la definitiva operazione di salvataggio delle cappelle e del restauro seriamente condotto da Carlo Alberto Lotti, a fronte della permanenza di una immagine corrotta dal tempo e dagli improvvidi restauri novecenteschi, decise di far eseguire una nuova Fuga in Egitto, su parete di cemento appositamente installata. Macchi coinvolse il pittore siciliano Renato Guttuso, da decenni villeggiante in Velate, varesino d’adozione e poi fatto diventare cittadino onorario, il quale tra il settembre e l’ottobre del 1983 dipinse su muro, con acrilici, una sua Fuga in Egitto che fece sobbalzare taluni intelligenti benpensanti varesini dalle comode poltrone dei loro salotti. Scandalo inutile perché Guttuso ammodernò l’episodio della Fuga in Egitto come i promotori della Fabbrica avevano ammodernato la casa della Madonna, ad esempio e suggerimento che la lettura dei misteri o delle scene sacre doveva essere motivo di comprensione aggiornata e non meditazione su esempi immobili nel tempo.

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