La Cassazione penale ancora una volta (e con precisione) ha chiarito i doveri di un Sindaco di rispondere alle lettere che gli si sono mandate per avere informazioni né pretestuose né irragionevoli.
Ignorare reiteratamente le istanze del privato (come accade ad Amici della Terra Varese), anche se riferite ad atti rimessi alla discrezionalità tecnica dell’ente, configura il reato previsto dall’articolo 328 del codice penale. Apprendiamo dal Sole 24ore Quotidiano Enti Locali che la Cassazione ha avuto una mano pesante sulle responsabilità di un sindaco, che a fronte di una reiterata omissione di riscontro all’istanza di un privato è quindi incorso nella fattispecie del rifiuto di atti d’ufficio previsto dall’articolo 328 del codice penale, anche nel caso in cui si tratti della richiesta di atto rimesso alla discrezionalità tecnica dell’ente.
Anche in quest’ultima ipotesi, infatti, sussiste l’interesse del privato all’ottenimento di una pronuncia esplicita della PA mediante l’adozione di un provvedimento ricognitivo recante le ragioni ostative all’accoglimento dell’istanza, purché la stessa non abbia carattere pretestuoso o irragionevole. Sulla base di questo principio la Cassazione penale (Sezione VI, sentenza n. 7668/2024) ha annullato la decisione della Corte d’appello di L’Aquila che, in riforma della sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale della stessa città, aveva assolto il sindaco di un Comune con poco più di mille abitanti per non avere fornito risposta all’istanza di variante al piano di fabbricazione avanzata da una società cooperativa edilizia nell’anno 2001, reiterata nel novembre 2011 e, da ultimo, oggetto di formale diffida notificata al sindaco stesso nel 2015.
Nel corso del contenzioso la società di cui sopra ha impugnato la sentenza di assoluzione dell’amministratore locale e la Sezione VI ha accolto il ricorso nonostante l’assenza di un obbligo per il Consiglio comunale di provvedere su una proposta di lottizzazione non conforme al programma di fabbricazione e per la cui attuazione sarebbe stato necessario attivare un procedimento di variante connotato da margini di elevata discrezionalità tecnica. I giudici hanno osservato al riguardo che «la circostanza che non si trattasse di un atto dovuto, ma rimesso alla discrezionalità tecnica dell’ente, non esimeva il pubblico agente destinatario della richiesta dal rispondere».
La Sezione VI ha poi rimarcato che la responsabilità penale del pubblico ufficiale per il contegno omissivo non è incompatibile con la previsione, sul versante amministrativo, di una fattispecie di silenzio inadempimento e neppure con la previsione di poteri sostitutivi alla scadenza di un termine prestabilito, in quanto ciò che conta ai fini dell’integrazione del reato è l’inerzia della Pubblica amministrazione.
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